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RiflessioneLa considerazione dei videogiochi in Italia
Io porto Switch al lavoro per giocare in pausa pranzo ogni tanto Ma non ha mai suscitato reazioni né in positivo né in negativo. Solo una volta un mio cliente mi ha chiesto se mi piacesse Street Fighter (o Tekken, non ricordo) perché lui da ragazzo faceva i tornei
La maggior parte dei miei amici gioca o comunque ha passioni un po' nerdine, quindi da quel punto di vista non ho problemi a parlare di vg. Anche se loro fanno solo giochi di merda che io non toccherei nemmeno per sbaglio
La mia ragazza è...indifferente. Quindi direi che va bene così. Ho provato qualche volta a farle giocare qualcosa ma vedo proprio che non gliene frega nulla, né in un senso né nell'altro.
I miei genitori ogni tanto se ne escono ancora con "ma non sei grande?", ma vabbè per la loro generazione è quasi normale vederla in questo modo e, in ogni caso, non sono certo il tipo che si chiude in cameretta 20 ore al giorno e smette per andare i bagno
E' verissimo, però in diversi casi non è questione di proeccuparsi di ciò che pensano gli altri perché si vuole fare la figura di quello figo e integrato, bensì di preoccuparsi delle conseguenze che si possono avere in ambito lavorativo. Ci sono ambienti lavorativi in cui, almeno a determinati livelli, è ancora tabù fare tatuaggi su parti del corpo visibili come gli avambracci, figuriamoci giocare un Atelier o guardare anime o collezionare figures, che sono cose ancor più di nicchia dei tatuaggi.
Se sei sfigato perchè giochi a FF, lo sei pure se giochi a Flight Simulator. Sono videogiochi, o lo sei o non lo sei.
E poi c'è la finale del Grande Fratello, vista da mezzo paese. C'hanno fatto pure i botti di Capodanno, per festeggiare il vincitore. Pensate sempre a sta cosa quando avete dubbi sul vostro status sociale
Pero' mi sorprende il fatto che in Italia ci siano persone che temono ritorsioni lavorative in caso di comunicazione del proprio amore per il media, lo stesso paese dove puoi vantarti fra colleghi di aver fatto un'orgia con 3 quindicenni in Thailandia e magari farti pure dare il 5.
un vecchio amico praticamente ci faceva stare i pomeriggi da lui a vedere uomini e donne, quando ancora non era pieno di vecchi bavosi e tardone piene di rughe.
fu una delle cause che mi introdusse all'alcolismo, in qualche modo dovevo sopportarlo.
ma che non esiste nessuna ritorsione lavorativa se giochi ai videogiochi
è un pensiero paranoico senza senso.
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quando ancora non era pieno di vecchi bavosi e tardone piene di rughe.
fu una delle cause che mi introdusse all'alcolismo, in qualche modo dovevo sopportarlo.
Ho forse scritto che c'entrano qualcosa?
Ho scritto che cose più mainstream come i tatuaggi non sono viste di buon occhio in determinati ambienti lavorativi, figuriamoci i videogiochi che sono sicuramente più di nicchia.
L'argomento è complesso, ho sempre pensato di scriverci un libro su (la laurea in filosofia devo pur farla servire a qualcosa) e secondo me va analizzata più che altro partendo da "Che cosa è diventato il videogioco", ma comunque tenendo sempre conto di questa duplice direzione (evoluzione della natura del videogioco <-> percezione del videogioco).
Secondo me una conclusione così su due piedi non si può trovare, per il fatto che il medium nel giro di 25-30 anni (io ne ho 33 e videogioco da 30), ha subito un'evoluzione fortissima. Leggevo negli interventi precedenti "Le prime console si trovavano nei negozi di giocattoli mentre poi sono stati creati negozi specialistici", e secondo me questo è un punto cruciale; il videogioco è passato nel tempo da essere un giocattolo, ad essere una forma di intrattenimento.
Il problema è che il videogioco allo stesso tempo, nonostante la sua evoluzione, fatica secondo me ancora a trovare una definizione propria, che non sia mutuata da altre forme d'arte. Il videogioco, ma forse è proprio questa la sua caratteristica, è probabilmente il più MULTI-mediale tra tutti i media: un po' film interattivo, un po' intrattenimento con velleità artistiche, a metà tra esperienza ludica e sportiva, il videogioco oggi è tutto e niente, e questa cosa si riflette nella sua percezione generale ( o la percezione frammentata del medium rinforza la sua difficoltà nel trovare un'identità).
La percezione muta infatti a seconda di come poniamo la questione: sicuramente il nerd non è più lo sfigato antisociale di prima e sicuramente il videogioco è meno stigmatizzato da un punto di vista sociale, ma anche quest'affermazione in realtà è rischiosa, dato che per esempio negli anni 80-90 le sale giochi sono stati grandi luoghi di aggregazione. Il punto cè che quando parliamo di "Come viene percepito il videogioco", di che videogioco e di che videogiocatore stiamo parlando? Del bambino che urla su fortnite imitando lo streamer che ha trasformato l'attività videoludica in un, che ci piaccia o meno poco cambia, lavoro ben remunerato? Del nostalgico che vive in un mondo di retrogaming dove tutto quello che ha più di 16 bit fa schifo? Del casual gamer che si ammazza di fifa e cod o dell'appassionato che posta su gamesforum?
In questo senso non solo è difficile trovare una "Considerazione del videogioco" da parte di chi non mastica il videogioco, ma anche i videogiocatori non hanno una percezione unitaria di se stessi, eppure tecnicamente è un videogioco tanto Fortnite, quanto Red Dead Redemption II. Eppure tanti di noi, io in primis di pancia, facciamo fatica a considerare "Videogiocatore" il ragazzino che passa il tempo su fortnite, o il mobile gamer che gioca al gacha (eppure il mobile gaming, numeri alla mano è presente e futuro del videogioco).
Ovviamente come tutti i discorsi filosofici su qualsiasi cosa, sono più le domande che le risposte. Sicuramente oggi il videogioco è un medium più sdoganato, di cui si parla con più facilità (solo solo per quanti soldi rende, e in una società capitalistica questo è fondamentale per far si che una cosa venga anche solo considerata), ma credo che la natura del videogioco e la rispettiva considerazione media sia ancora qualcosa di non pienamente definito.
Assiduo frequentatore nelle sale giochi degli anni 80/90, quelle buie illuminate da qualche neon qua e la..
Al centro della sala il gestore che convertiva i soldi in gettoni pronti per essere inseriti per animare i cabinati che andavano con le schermate in loop... bei tempi.. ora mi mancano parecchio.. ora la fuori ce un mondo diverso e sinceramente non mi piace più di tanto.
Anchio mi sono adeguato con le console a casa e zero online da quando e' andato a pagamento, salvo rare eccezioni..
La gente che critica altri dovrebbe prima guardarsi se stessa, anche perché ci sara' sempre qualcuno imperfetto
È anche per questa visione che lo sviluppo dei videogiochi fatica a ingranare qui da noi. Se solo sapessero quanto può fare bene come industria su cui sviluppare...
Ho forse scritto che c'entrano qualcosa?
Ho scritto che cose più mainstream come i tatuaggi non sono viste di buon occhio in determinati ambienti lavorativi, figuriamoci i videogiochi che sono sicuramente più di nicchia.
i tatuaggi possono essere un problema in alcuni ambienti professionali per le dovute ragioni, immagina accogliere un cliente in banca per una polizza assicurativa con un teschio fiammeggiante sul collo, diventa una questione di immagine soprattutto nei confronti di determinate fasce d'età.
in questi ambienti anche solo il vestiario è molto importante e un obbligo e più mainstream di vestirsi, non c'è
i videogiochi sono un hobby e il discorso diventa più personale, non ha nulla a che fare con concetti professionali o obblighi lavorativi.
non ha senso il tuo ragionamento.
Ne avevo 4 sotto casa. Una è diventata una macelleria, un'altra ha le serrande abbassate da 25 anni (ex bisca clandestina, andavo a cambiare le monete nel retro, mentre giocavano a carte ), terza è diventata una lavanderia, la quarta un rivenditore di tabacchi e calumet o come si chiamano.
Solo una cosa è rimasta invariata...la mondezza di Roma.
Comunque si, the best of times....verso fine anni '90 c'era una ragazza con gli occhi verdi che asfaltava chiunque, a Daytona Usa. Troppo sfigato per chiedergli anche il nome. Erica
È anche per questa visione che lo sviluppo dei videogiochi fatica a ingranare qui da noi. Se solo sapessero quanto può fare bene come industria su cui sviluppare...
Se diamo per scontato che raramente un indie di 3 persone nel garage di casa possa generare qualcosa di decente in pochi anni ( Hollow knight è una perla oserei dire..sicuramente ce ne sono altre) , mancano gli investitori nel nostro paese
Una volta come Italiano non potevi esserci su piattaforme come Kick-starter ..quindi o trovavi un escamotage o ti attaccavi ( adesso non so se hanno cambiato la politica )
Trovavi finanziatori Italiani che investivano 50 mila euro e voleva il prodotto entro 1 anno ( o meno ) ..se no ; non investivano . Vogliono la pappa subito , non si fidano
Trovi società estere che volendo possono investire su di te ..ma richiedono comunque un profitto nell'immediato ( non hai tempo per sviluppare) con accordi da pezzenti ..e sopratutto richiedono un Business plan che costa migliaia di euro e che devi anticipare tu .
La mia esperienza personale, vediamo se qualcuno ci si riconosce:
Elementari e medie i vg un hobby con gli altri, normalissimo chiaramente, penso giocassi esattamente come gli altri bambini.
Al liceo (anni 2005-2010 circa) molti maschietti mollavano il pad, le attività vere della giornata era un mix di bar/discoteca/musica/film/cellulare/youtube/moto/flirtare, in cui ci si infilava la partitella a fifa in compagnia o due giochi l'anno ad esagerare se proprio si era affezionati ad una serie. Le ragazze già era difficile beccarle con un NDS a giocare cooking mama nelle prime gite, non credo che nessuna avesse una buona considerazione di chi passava i pomeriggi alla PS al posto che uscire a sentirsi grandi Io buona parte delle robe dell'elenco sopra non le facevo, non mi abbassavo a giocare a flash games e Fifa/Metin2/Farmville/Angry Birds che ancora ancora erano i fenomeni sociali, ma iniziavo a giocare di brutto a decine di perle ps2/ps3 e approfondire su internet, ed ero l'unico a farlo con quella dedizione. Il forum fu quindi una valvola di sfogo necessaria, perché nessuno dei miei amici voleva fare la mia vita con costanza. Ho sempre socializzato bene con tutti, la mia nerdaggine non la nascondevo ed é sempre stato un mio tratto caratteriale che tutti già conoscevano.
Dall'università in avanti invece, col fatto che tutti i compagni erano nuovi e c'era molta molta più gente, ho tenuto generalmente nascosto il mio cipiglio per il gaming. Anche qui, qualcuno giocava a Skyrim, Call of Duty, Candy Crush, Assassin's Creed, Pokemon GO, ma non essendo roba mia continuavo a tenere le mie giapponesate per me, proprio perché sapevo che non sarebbe visto bene. Poi col tempo con gli amici sono cose che escono, purtroppo nessuno a parte uno era minimamente interessato al gaming ma ci sono decine di altri compagni che imho non avevano idea che fossi un invasato, e anche quando emergevano argomenti a me arcinoti non esordivo subito col fare del guru.
Nel mondo del lavoro, dipende dalle fasce di età. In ospedale non lo sapeva praticamente nessuno. Quelli della fascia 25-35y sono tracannatori di serie TV e ancora ancora possono capire. Gli over 40 con figli invece proprio non lo possono concepire il gaming come hobby al pari della musica, vedono solo persone "bruciate" dai vg e lo inquadrano solo come una delle tante tossicodipendenze in cui cascano i gggiovani. Per dire, con un gastroenterologo giovane so i finito a fare una discussione ad ampio spettro sugli horror, perché gli piaceva RE da giovane e cercava qualcosa di simile su One (nel mentre faceva una Colonscopia ). Con un altro chirurgo, sempre in sala endoscopica, il solito commento inflazionato "Chi di voi ha la Wii? Sarete endoscopisti provetti un giorno".
In ambienti meno "rampanti" come guardia medica e corsi vari invece ho trovato diversi utilizzatori di console, in maniera non troppo hardcore, ma non lo nascondono. Si sentono più nerdoni di quanto sono, guardano i walkthrough su twitch, sono più aperti mentalmente, sono un minimo aggiornati sulle news più roboanti, anche se è evidente che non abbiano giocato con continuità dall'alba dei tempi.
Imho Sony e gli youtubers hanno sdoganato tantissimo il gaming fino a renderlo socialmente accettato, almeno dalla fascia di popolazione che l'ha vissuto sulla propria pelle. Ninty é più particolare, ha delle IP che risvegliano nostalgia ma é quella che sventolerei meno a cuor leggero. Come diceva Lory, citare un TLOU vai a colpo sicuro, con tutti i siti che ne parlano come il capolavoro della nona arte. Se già inizio a sventagliare in giro Valkyria Chronicles, beh, mi seleziono bene la platea a cui dirlo
Se c'è una cosa che ho imparato nel confrontarmi con molte persone esterne al medium è che la passione sa essere trainante. Ho sempre parlato dei miei hobby geek a tutti senza problemi, cercando di essere quanto più passionato e coinvolgente possibile. Posso dire con tranquillità che, con il giusto approccio, la patina del nerdino stronzo svanisce in fretta.
Vero, tra l'altro in quelli a cui piaceva sentire i miei racconti nerdosi sono quasi sempre riuscito a far comprare perle a loro sconosciute
Tipo il gastroenterologo del racconto qui sopra si é comprato Hellblade, gasatissino quando gli ho detto che era un gioco focalizzato sulla psicosi (lui ha un master in psicoterapia e pratica l'ipnosi)
Imho Sony e gli youtubers hanno sdoganato tantissimo il gaming fino a renderlo socialmente accettato, almeno dalla fascia di popolazione che l'ha vissuto sulla propria pelle. Ninty é più particolare, ha delle IP che risvegliano nostalgia ma é quella che sventolerei meno a cuor leggero. Come diceva Lory, citare un TLOU vai a colpo sicuro, con tutti i siti che ne parlano come il capolavoro della nona arte. Se già inizio a sventagliare in giro Valkyria Chronicles, beh, mi seleziono bene la platea a cui dirlo
Gli youtuber hanno un ruolo ambivalente e difficile da inquadrare in maniera univoca in questa evoluzione socio-media-culturale. Da una parte hanno sdoganato il videogioco, nel senso che se ne parla come si parla di cucina, musica, viaggi o film, o come qualsiasi altro argomento in generale si tratti su youtube. Dall'altra, come ogni cosa finisce per diventare argomento di divulgazione sui social, ne riducono enormemente la complessità. Quind via di streaming di fortnite o comunque dei giochi di "Tendenza".
Io per dire non amo seguire gli youtuber, non mi piace proprio la spettacolarizzazione dell'atto pratico di giocare (mi piace solo guardare magari qualcuno bravo a giocare ai giochi che faccio anche io online, seguivo discretamente la scena e-sport di lol per dire). Però mi rendo conto che sono utili per fare avvicinare la gente al medium, sperando poi vadano un po' oltre.
Il medium videoludico è stato sdoganato. Il problema di fondo è su che tipo di videogiochi è calata la cortina di ferro che era stata tirata su praticamente dagli albori del videogioco stesso.
Sebbene il mainstream (la santissima triade FIFA, PES, COD) avesse già reso i videogiochi quantomeno "socialmente accettabili" una 15ina di anni fa, è innegabile che il connubio Fortnite/emersione mainstream di Twitch ha fatto più di quanto 30/40 anni di storia dei vg possano aver fatto. Testimonial VIP dei vg fuori da questo mondo hanno fatto il resto: se Twitch fosse rimasta una piattaforma piena di "nerd" o "sbraitatori seriali" difficilmente avrebbero fatto breccia come nell'ultimo lustro.
Adesso sui videogiochi (ripeto, su alcuni videogiochi) vedete Fedez, Cattelan, Florenzi, Lazzarin, Douglas Costa, Dybala, Aguero, Ocasio-Cortez: presentatori, cantanti, sportivi, palestrati, politici... l'antitesi di quello che ai tempi veniva considerato il videogiocatore meglio (coglione sfigato?). Questi sono videogiochi sdoganati: ormai sono più un "passatempo" che un videogioco. Se a qualcuno dite che fate la Weekend League o rankate su Fortnite o su Warzone difficilmente vi guarderà male e, anzi, molto probabilmente vi dirà che anch'egli si diletta nelle stesse cose. Mi è capitato a lavoro, un ambiente semiserio con media sui 35 anni dove ho scoperto esserci non pochi appassionati e spendaccioni legati a Ultimate Team.
Questo sdoganamento però non è stato totale. In primis, per una questione di età: i 50+enni sono tagliati fuori, sono delle sorte di spugne che assorbono ma non assimilano i concetti videoludici, per una questione di disinteresse credo di natura generazionale. In secundis, perché solo il multiplayer ha risentito di questa apertura mentale senza precedenti. Il single-player è stato, è e continuerà a rimanere una nicchia. E su questo continua ad influire sempre l'onda Twitch: i fenomeni del canale viola sono tutti "specialisti" del multiplayer, dal POW3R su Warzone allo Zano su FIFA fino al Ninja/TFUE/Rekins di Fortnite. Il discorso è che fuori da questo sentiero multigiocatore, il singleplayer è terra poco battuta con streamer importanti ma molto più limitati nei numeri e nella popolarità.
Infine c'è da dire che anche i multiplayer stessi non hanno subito uno sdoganamento totale: League of Legends, Overwatch, MOBA e MMORPG sono ancora considerati roba da invertiti seriali, probabilmente perché legati alla scena competitiva PC (e PC = nerd maximo per la persona della strada).
Considerazione dei videogiochi in Italia? Nelle fasce di età più basse, un'esplosione senza eguali verso il mainstream e verso l'emulazione dei propri streamer (avete notato che non esiste più il multi casual e chiunque si crede un pro?), nelle fasce più alte, una considerazione superficiale del fenomeno che, in quanto analizzato per il suo impatto mainstream, viene derubricato a "follia collettiva giovanile". Single player? Non pervenuto. Infatti credo che le fasce di età come la mia (25+) vivano in quel limbo di coloro che si allontanano sempre di più dai multiplayer per entrare in un mondo singleplayer totalmente fuori dai binari della popolarità (tranne rarissimi casi, es. TLOU 2).