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Finché non vengono plagiati i bambini, facciano quello che vogliono, il problema sorge quando certi messaggi vengono forzati in contesti ad essi estranei.
I bambini non sono creature plagiabili, né poveri angeli da proteggere. Sono sin da piccoli inseriti in una società e vanno semplicemente educati ad essa. Se un bambino vede due uomini che si baciano o un uomo vestito da donna, non c'è motiv odi tappargli gli occhi, basta spiegargli come funziona il mondo e lui crescerà tranquillo. Saranno gli adulti di domani e se vogliamo un mondo più inclusivo, e aggiungo più inclusivo senza le esagerazioni parodistiche tipiche soprattutto dell'America, sono proprio le generazioni più giovane a dovere trovare nuovi equilibri.
In generale, educare non significa plagiare. Forzare una visione è piuttosto un plagio.
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Sino a prova contraria , tutto ciò che vive è vita per definizione , anche i batteri e forse i virus , io ho affermato che anche una singola cellula contiene il DNA dell'adulto , significa che è umana non che è un uomo , e umano è l'embrione , ma ho ben spiegato che non è un uomo primo perchè non è detto che l'embrione , pur fecondato, riesca a fissarsi alla parete dell'utero e quindi a innescare il processo di gravidanza , se non lo fa per quanto composto da cellule umane il cosiddetto "concepito" non diventerà mai un uomo, non nascerà nemmeno e ove mai attecchisse e si sviluppasse non è detto che riesca a nascere , non tutte le gravidanze vengono portate a compimento . Per tutto ciò ho affermato che l'embrione non è un Uomo almeno fin quando il feto non possa riconoscersi come un essere vivente autonomo ovvero fin quando non abbia un cuore ed un cervello , fino a quel momento è solo un'estensione della madre senza la quale non può svolgere nemmeno le funzioni basilari ovvero un sistema circolatorio ed uno nervoso propri , da quel momento è un individuo distinto che è ancora troppo piccolo per essere indipendente , ma è già distinto , in grado di muoversi e percepire l'esterno.
Comunque appunto il momento in cui si sostanzia questa "autonomia" che ne fa un individuo a sè stante deve essere stabilito da studi specifici, come dici scientifici e bioetici.
Dato che abortire non è obbligatorio chi avesse principi diversi può tranquillamente portare avanti la gravidanza, ma non può imporre i suoi principi e la sua etica a coloro che non li condividono
E io ti ripeto chea definizione di vita in quanto cellula che cresce è la stessa della tua. Ma questa definizione non può essere a mio parere utilizzata nella bioetica. Non ci siamo capiti e io continuo a parlare di definizione in termini scientifici e di come questa definizione non possa essere adottata in ogni suo campo. Lo sappiamo io e te che la cellula vive cresce e produce energia, oltre che dividersi e modificarsi. Il problema sta nella definizione, definire a livello bioetico che una cellula è vita definisce che tutto quello che ancora non è cosciente è vita e va protetta anche quando, come tu stesso descrivi, può non esserlo in base alle situazioni.
Ed è proprio nella parte in neretto che concordiamo in toto nella sua definizione autonoma dell'organismo, in questo caso del feto che cresce ed eventualmente diventare autonomo.
È un po' un discorso senza uscita, o meglio, che può trovare riscontro per entrambi i punti di vista. In bioetica esistono due correnti. Se si sposa il sostanzialismo/personalismo, già dalla prima cellula, il nascituro assume dignità di persona, perché andando indietro fino ad Aristotele, siamo un individuo è sostanza prima indipendentemente dalla presenza di qualsiasi funzione vitale o altra caratteristica (di conseguenza lo siamo da quando siamo un ammasso indistinto di cellule, ma anche se diventiamo dei vegetali in seguito a un incidente); se invece aderiamo al funzionalismo, non esiste persona in assenza di alcune funzioni vitali, quali coscienza (rifacendosi all'empirismo di Locke), attività cardiaca, funzionamento del sistema neurovegetativo etcetc. Chiaro che non significa che le posizioni sono giuste, solo che non esiste un argomento di natura culturale capace di invalidare uno dei due modi di vedere il discorso sulla vita in sé. La vera sfida penso sia piuttosto riuscire a normare il tutto facendo sì che le donne abbiano il diritto di mantenere la propria libertà di scelta tenendo però conto dell'importanza della questione. Essendo un discorso molto politico però, non è facile trovare la quadra.
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