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Secondo me non è assolutamente sano che ci sia la riconoscenza o il sentirsi in debito alla base di un’amicizia. Credo piuttosto nell’affinità e nella chiarezza di intenti. Ricordo una similitudine abbastanza simpatica fatta dal mio terapeuta quando ho trattato questo argomento con lui: a Tizio piace preparare i biscotti, ne è assolutamente sicuro, come lo è Caio riguardo a mangiarli. Finché entrambi stanno adempiendo nel fare quello che gli piace non ci sarà mai uno squilibrio. Se un giorno a Tizio non piacerà più fare i biscotti di certo non farà pesare il fatto che Caio li ha sempre mangiati senza mai prepararli e si sentirà libero di seguire i suoi nuovi bisogni senza che Caio gli faccia pesare il fatto di non avere nessuno che glieli prepari, perché entrambi hanno comunque goduto per un periodo di questa affinità.Una lezione che ho imparato troppo tardi è che, tendenzialmente, le persone (io compreso) non amano sentirsi in debito con gli altri. Nella loro mente non ti devono nulla, e anche se arrivasse un pensiero di questo tipo se la racconterebbero per giustificarsi e sentirsi a posto moralmente parlando.
La riconoscenza non è una motivazione sufficiente per le scelte degli altri quando decidono di prendere direzioni diverse.
Molto spesso crediamo che siano gli altri a colmare alcune nostre mancanze e quando non possiamo più contare su di loro ci sentiamo in qualche modo traditi o in difetto, quando in realtà stiamo dando più peso a questa mancanza invece che focalizzarci su cosa ci fa stare bene.
Con questo non voglio dire che bisogna essere eremiti nella vita ma che lo stare con gli altri dovrebbe essere un arricchimento e non una dipendenza.