i sensi di colpa delle protagoniste si distribuiscono più o meno analogamente, per ciascuna di esse, su due livelli: il primo livello è quello che alla fine riesce ad ottenere maggiore, anzi completa, esposizione all’indagine della coscienza, mentre il secondo livello è quello più sommerso dalle profondità del subconscio.
In merito ad Ellie
Sul primo livello abbiamo i sensi di colpa dovuti alla convinzione di non essersi riconciliata con Joel prima della sua dipartita, mentre sul secondo livello abbiamo l’impulsività e la sconsideratezza con le quali non si rende conto di risucchiare gli amici nell’ossessione (per loro letale o quasi letale [rispettivamente i casi di Jesse e Dina]) che la spinge ad inseguire e stanare Abby fino in capo al mondo, interlacciate al manifestarsi dell’apatia* verso i nemici che cercano di ostacolarla.
*apatia alimentata dal motore sotterraneo di odio intrinseco e resistente che nonostante tutto non si spegne e fa da ombrello affinché la sua mente non si inzuppi (con appesantimento cosciente) della sofferenza psicologica debilitante causata dal perpetrare tale violenza sugli altri per buona parte del tempo. Dopo aver torturato Nora torna al teatro scossissima, ma ciò non le ha impedito di andare fino in fondo per costringere la ex-Luce a parlare, né tantomeno le impedisce di continuare ad uccidere brutalmente seguendo la nuova pista ricavata dall’interrogatorio.
Per rifiatare dai sensi di colpa del primo livello Ellie raggiunge quella che potremmo chiamare a tutti gli effetti una redenzione (liberazione, catarsi), mentre ho l’impressione che l’elaborazione dei sensi di colpa del secondo livello (per comodità di linguaggio li riassumo ancora una volta in “risucchio di amici e massacro di nemici”) restino in sospeso fino all’ultimo** (soprattutto la questione nemici), oppure che si inneschi (avvii) durante l’ellissi narrativa del suo viaggio di ritorno alla fattoria vuota fino a sconfinare vagamente oltre la cornice della storia, quando Ellie riparte allontanandosi dalla casa dopo aver posato la chitarra sul davanzale nella scena conclusiva dell’epilogo immediatamente prima dei titoli di coda. Non esiste redenzione che possa cancellare le tracce lasciate da questa seconda categoria di sensi di colpa, tutto ciò che si può fare è riuscire a conviverci.
** infatti, la notte in cui scende di soppiatto al pianterreno per fare le valigie e partire per la California, nell’ascoltare la frase di Dina “I’m not gonna do this again”, Ellie risponde semplicemente “That’s up to you”, segno che, nel caso contrario in cui avesse deciso di seguirla un’altra volta, non avrebbe cercato di impedirglielo.
In merito ad Abby
Sul primo livello abbiamo i sensi di colpa relativi alla convinzione di non essere stata capace di proteggere la vita del padre come, secondo lei, avrebbe dovuto. La redenzione nel suo caso è veicolata mediante l’incubo due volte ricorrente dell’ospedale con le sirene d’emergenza, che passa dal mostrare Lev e Yara impiccati nei boschi a Jerry nella sala operatoria che si volta verso di lei con un sorriso sereno e amorevole dipinto sul viso. D'altro canto, come dici tu, no, non credo si penta della pena capitale inflitta a Joel, cioè dell’atto in sé, ma di quello che le è costato in termini di legami interpersonali sì (Owen su tutti), da cui scaturiscono i sensi di colpa del secondo livello. Inoltre, come suggerisce una replica di Owen - il provocatore stanco (antimilitarista) che talvolta dimostra di conoscerla più di quanto lei si conosca, come quando, durante il diverbio e la colluttazione che sfociano nel sesso sulla barca, la smaschera facendola vergognare di se stessa*** - anche lei sotto sotto ripudia la vita che ha condotto fra i ranghi del WLF, soprattutto nel periodo più recente perché, con Joel morto, essa non ha più uno scopo personale chiaro e preciso. Estremizzando, unirsi alla fazione di Isaac è stato un errore fin dall’inizio.
3:58 “You feel the same way.”
https://www.youtube.com/watch?v=8nTSp_1gKro
*** in seguito Mel colpirà con forza e precisione lo stesso tasto dolente.
Joel, portandoglielo via così all’improvviso, ha inibito in Abby la facoltà di lasciarsi amare totalmente e perdutamente da qualcun altro al di fuori del defunto padre, e questo isolamento emotivo circondato da una corazza di ironico distacco ha contribuito, secondo me, profondamente, alla fine della sua relazione sentimentale con Owen. Un segmento caratterizzato in superficie da uno scanzonato malinteso/ambiguità/doppio senso nello scambio di battute che intrattengono i due quando Abby nota le calze di Natale durante il flashback al secondo piano dell’Aquarium, a mio avviso, è emblematico per capire il suo personaggio e, soprattutto se ascoltato a posteriori, sorregge appena una difficile situazione interiore che mi fa propendere a nominarlo fra più belli del gioco (semplice nella forma, niente affatto banale nel contenuto).
1:22
“Abby: No, I wish… someone loved me enough to make me a stocking.
Owen: You don’t deserve one.
Abby: What? A stocking? Or someone who loves me?”
https://www.youtube.com/watch?v=V-PxnrhdqL8
Abby defibrilla (risveglia) questa sua facoltà annichilita (di lasciarsi amare) grazie alla connessione sentita nei confronti di Lev e Yara. Nonostante all’osservazione della sorella maggiore “Mel’s wrong, you know. You are a good person” obietti “You don’t know me”, ha bisogno di ricominciare con qualcuno che sia in grado di risponderle “I know enough” senza conoscere il suo passato, di scorgere e recuperare teneramente in lei la
Luce (il fuoco fatuo) che brilla (o balugina) più in profondità degli ultimi quattro anni. Ma questa, come per la seconda categoria dei sensi di colpa di Ellie, non è una redenzione. Le tracce alle sue spalle resteranno sempre visibili a chilometri di distanza, e voltandosi non potrà fare a meno di accorgersi che sono imbrattate di sangue. Tutto ciò che può fare è togliersi le scarpe e, scalza, con i segni indelebili che le hanno lasciato ai piedi, cambiare direzione. Insieme a Lev.