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Trascorsa la prima fase, il giocatore inizia a capire come muoversi e comprende, ad un livello nettamente più profondo rispetto all'inizio, come è strutturato il mondo di gioco.
Non è particolarmente importante a che punto della storia si è arrivati, quanto piuttosto l'attenzione con cui si è giocato, il mindset, nonché inevitabilmente il numero di ore trascorse.
Questo concetto di attenzione tuttavia non deve essere frainteso: in Tears of the Kingdom, in nome dell'assoluta libertà più volte citata, non vi è probabilmente un metodo di progressione migliore di un altro, ed anche ciò è intenzionale.
Si desidera porre l'attenzione sulla costruzione sin da subito, per poi avvantaggiarsene nel mondo di superficie? Si può fare, e questo semplificherà enormemente il futuro, ma comporterà un investimento di tempo notevole all'inizio.
Si vuole invece esplorare gradualmente e meticolosamente ogni porzione di mappa? Anche ciò avrà i suoi vantaggi e relativi svantaggi.
Ciò che però è importante segnalare è che il concetto di circolarità inizia ad assumere portata concreta nel gioco. Questo è uno dei temi portanti dell' opera, e la condiziona dal punto di vista non solo narrativo, ma anche del gameplay.
Infatti ciò che ho appena detto và integrato: è vero che non esistono, tendenzialmente, approcci sbagliati al gioco, ma è una verità altrettanto incontestabile che esso incoraggi l'esplorazione parallela dei 3 macro-segmenti che lo compongono, poiché sotterranei, cielo e superficie sono inscindibilmente legati e propedeutici l'uno all'altro.
Questo è un altro aspetto fondamentale che si collega al concetto di mondo stesso come macro-enigma. Perfettamente esemplificativo di ciò è il meccanismo per cui nel sottosuolo si reperiscono risorse, che consentiranno di volare più a lungo nel cielo, nel quale si troveranno a sua volta le mappe con i tesori del sottosuolo.
Non mi soffermo più di tanto sull' argomento poiché è l'esempio di circolarità più evidente, e non necessità di particolare analisi, ma vanno nondimeno sottolineati l'importanza ed il potenziale dirompente di una struttura simile.
Il tema della circolarità assume rilevanza infatti in relazione ad almeno altri 2 aspetti, sempre esclusa la trama:
- Il mondo di gioco agisce come complesso organico: ogni villaggio, stallaggio, avamposto, non è mai un microcosmo chiuso. Ovunque si potrà osservare che le varie razze del gioco convivono e collaborano, che i personaggi si trasferiscono, che spesso si preoccupano per i loro affetti lontani, che commentano avvenimenti recenti, leggendo o meno il giornale.
A ciò si collega una cura per i dettagli estrema per quanto riguarda i comportamenti dei personaggi e delle loro routine.
Paya, la capovillaggio di Calbarico, farà ogni giorno un giro intorno ad esso commentando, ogni 5-10 metri, una cosa diversa: contando le carote presenti nell'orto, parlando della giornata, dicendo tra sè e sè che quella che sta oltrepassando è la casa di Narzucco, e tantissime altre considerazioni che fanno capire l'estrema cura per i dettagli profusa nel titolo.
Analogamente i personaggi aiutati in una regione potranno essere incontrati dalla parte opposta della mappa, si ricorderanno di te, ti rigranzieranno e ti daranno informazioni utili nella maggior parte dei casi.
Infatti un altro elemento fondamentale che contraddistingue i dialoghi è che essi quasi mai sono fini a sè stessi: ricollegandomi al discorso fatto in precedenza, nulla in questo gioco è lasciato al caso da questo punto di vista; che sia per informare riguardo ad una meccanica, un evento, un luogo, un materiale, o anche un semplice consiglio utile a semplificarsi la vita.
Da questo punto di vista infatti bisogna tenere a mente che gli sviluppatori tentano costantemente di lasciare in bilico il giocatore tra la scoperta casuale ed il guidarlo, nei casi in cui essa si dimostri particolarmente complessa ed impegnativa. Il ruolo del comprimario che dà indizi al giocatore viene qui sostituito dal popolo stesso che abita il mondo di gioco.
-L'altra declinazione della circolarità è percepibile osservando come il gioco riporti sempre e ciclicamente agli stessi elementi: i nemici, anche se definiti pirati, saranno pur sempre quelli presenti normalmente, le sfide non saranno praticamente mai uniche, dai covi Yiga alle isole nel cielo, vi sarà sempre un certo numero di ripetizioni e una combinazione costante di determinati schemi ed elementi, che verranno spesso semplicemente adattati o riassemblati, ma mantenendone la sostanza.
Questo vale per le ricompense, ma perfino la trama susseguente ai dungeon sarà ripetuta 4 volte. Ciò è fondamentale perché crea un ordine graduale nella mente del giocatore, che gli permette innanzitutto di iniziare, ma anche di proseguire la sua avventura, senza perdere nulla di fondamentale. Vi sono le dovute eccezioni, come armature che si trovano interamente in una regione o lo schematrix, ma appunto non sono la norma e sono sempre coadiuvate, come detto in precedenza, da quest o indizi evidenti dietro di esse.
Per esempio, la nuova specie di animali introdotta, che implica solo una subquest, quindi un raro caso di evento unico, viene nominata in praticamente ogni stallaggio dall'inizio del gioco, solo per fare sì che il giocatore non possa missarla.
Fin'ora ho parlato praticamente solo bene del gioco, e dell'aspetto della circolarità. E' ora il momento di analizzarne quelli che reputo i punti deboli di un mondo gestito in questo modo.
Partiamo da un tema oggettivo: il gioco è un sequel che riutilizza una mappa già vista. Non solo, è un sequel di un gioco che ha venduto tantissimo, ed ha ricevuto un'accoglienza clamorosa.
Pertanto a ciò si unisce il tema, soggettivo, dei tipi di giocatore che hanno messo mano sul titolo. Personalmente ho giocato botw in modo esaustivo, ma per un motivo o per l'altro non l'ho spolpato come ho fatto col seguito. Avrò fatto sulle 100 ore e qualcosa in più, se ricordo (non posso controllare avendolo su wii u).
Molte persone non lo hanno giocato, lo hanno giocato meno di me, e molte di più. Per la terza categoria, appare comprensibile che dopo aver passato magari 200 ore o più sul primo capitolo, semplicemente avrebbero preferito, più che non rivedere quei luoghi, non passarci altre potenziali 300 o 400 ore.
E' questo un limite intrinseco del concetto di sequel per come hanno voluto impostarlo, e non dipende certo da uno scarso impegno degli sviluppatori, nel modificare, aggiungere e riempire di cose nuove il mondo. Nondimeno, resta un limite.
Limite compensato solo in parte dal cielo e dai sotterranei. Non siamo qui di fronte a un caso come quello di Pokemon Oro e Argento, in cui potevi esplorare Kanto dopo una campagna che da sola esauriva la normale durata del gioco, ed era autosufficiente. In questo caso resta la superficie il luogo centrale del gioco, in tutti i sensi.Gli altri due mondi non sono minimamente autosufficienti, e nemmeno puntano ad esserlo ad onor del vero:
-il cielo è costituito fondamentalmente da gruppi di isole di dimensione ridotta e che fungono spesso da "sacrario all'aperto" o da sfide di vario genere. Fanno eccezione solo l'arcipelago iniziale e un altro gruppo un po' più grandicello, ma che comunque non contiene particolari stravolgimenti a questa formula.
-il sottosuolo, all'inizio del gioco il posto probabilmente più affascinante, si rivela principalmente un luogo di farming e di battaglie una volta accese le radici: nota di merito all'arena dei Lynel soprattutto per la collocazione, facilmente trovabile e che presenta una delle sfide più difficili del gioco sin dall'early game. Oltre a ciò il sottosuolo è anche il luogo in cui ci si può sbizzarrire con i mezzi di costruzione ed in cui si possono risolvere alcuni enigmi, principalmente riguardanti ascensus ma non solo, connessi alla superficie. Infine, vi sono altre cose interessanti come le miniere, i covi yiga, le statue e i tesori da trovare tramite le mappe, oltre allo schematrix.
Anche qui vi sono quindi sicuramente varie cose da fare, ma è proprio in questo luogo che si avverte più pesantemente la struttura ripetitiva del gioco, per via essenzialmente dellamonotonia dell'ambiente, che varia nettamente in un solo luogo; del suo scopo, quello di fornire ampi spazi "di nulla" per sperimentare con i mezzi zonau; e della sua conformazione, che segue sempre gli stessi pattern, tant'è che a un certo punto trovavo i tesori senza bisogno delle mappe in cielo, ma semplicemente consultando quella del mondo.
Altre considerazioni sul sottosuolo riguardano più che altro l'endgame, e pertanto non le farò adesso.
Quindi, riprendendo il discorso, i due mondi appena citati non sono autosufficienti, ed ampia parte del tempo viene inevitabilmente spesa sulla superficie. E nella superficie il mondo di gioco è stato riadattato per certi versi in maniera magistrale, ma come detto si deve sempre rapportare all'intrinseco limite della ripetizione della mappa. Una massima, che in alcuni casi si trasforma a mio parere in un limite, che si sono invece imposti gli sviluppatori del gioco, è di renderlo accessibile a quanti più giocatori possibile, e questo si riflette non solo nel gameplay nei modi che abbiamo visto, per esempio con risoluzioni multiple degli enigmi, ma anche nella scarsissima importanza che viene data agli eventi di Breath of the Wild: si, i capi del villaggio conoscono Link, ma spessissimo capiterà che personaggi presenti nel precedente capitolo non lo riconoscano. Non fraintendiamoci, non necessariamente in Botw Link deve aver conosciuto tutti gli NPC, ma il caso della quest sulla lezione riguardante la calamità, dove la maestra spiega con Link accanto, come se non la avesse sconfitta lui stesso, è esemplificativo. Ed in generale i riferimenti, sparsi qua e là, restano comunque rari e piuttosto vaghi. Che fine hanno fatto le Divine Beast? I guardiani in rovina sono rimasti lì per 100 anni, e all'improvviso vengono rimossi tutti in pochissimo, e nessuno li menziona? Tra l'altro apro una piccola parentesi: anche qui non vi sarebbero stati ostacoli a mettere una arena nei sotterranei con i vecchi costrutti sheika dei sacrari di Breath of the Wild, e infine un guardiano come ultimo boss. Di certo il problema non sarebbe stato trovare un pretesto (semplici guardiani sprofondati e contagiati dal miasma, magari gli fai anche droppare delle cuspidi ancestrali).
Perché dico ciò? Non perché voglio vestire i panni dello sviluppatore, ma perché voglio far notare come non abbiano voluto assolutamente:
-sia uscire fuori dagli schemi circolari di cui ho già parlato.
-sia riferirsi al capitolo precedente, anche qualora ciò non avesse comportato particolare complessità (avevano nemici e moveset già pronti)
E penso sia ovvio che l'inclusione dei guardiani sia stata presa almeno una volta in considerazione. A ciò si unisce il fatto che non vi sia una vera espansione della lore e della mitologia dietro al gioco, al di fuori del tema degli Zonau: tutto infine si riduce, inizia e finisce con questo popolo divino, in sintesi colpevole di aver portato, come un novello prometeo, la tecnologia e la pace ai selvaggi abitanti di Hyrule. La trama tocca temi profondi ed i personaggi sono ben caratterizzati per il poco tempo che stanno a schermo. Segnalo inoltre che alcune chicche riguardanti la lore, ad esempio i modi di fare e parlare di Ganondorf, o l'origine dei rospettri, si perdono decisamente nell'adattamento,ma non perché questo sia pigro o altro, è semplicemente inevitabile. Tuttavia gli importanti temi trattati non implicano che il modo di farlo sia idoneo, e i personaggi ben caratterizzati non necessariamente sono esenti da pecche o ingenuità.
Dal poco spazio comunque dedicato a Ganondorf, tra le figure più interessanti e carismatiche del gioco, si passa alla improvvisa e inspiegabile amnesia di Zelda riguardo i nomi e gli eventi di BOTW (anche qui si torna a quanto ho scritto prima). Oltre a ciò risultano poco approfonditi dei rapporti, come quello tra Mineru e Zelda, e non bisogna dimenticare quanto sia tedioso vedere lo stesso identico intermezzo 4 volte. Ma in generale, tutti i popoli di Hyrule hanno in Tears vissuto in funzione degli Zonau, il resto viene ridotto a una lontana leggenda, in un gioco che, da questo punto di vista, non prova lontanamente a costruire qualcosa di elaborato o a lungo termine. I dialoghi del gioco, se infatti eccellono per quanto riguarda coerenza, cura del particolare e utilità, raramente conterranno informazioni che potrebbero apportare seriamente un contributo alla mitologia dietro al gioco, o suscitare riflessioni in senso etico o filologico che vadano oltre esigenze di gameplay.
In generale sembra mancare quel fenomeno che nella realtà si riscontra quando si uniscono più popoli sotto un unico regno, ovvero il permanere di una storia e di tradizioni individuali e radicate, tranne forse per il popolo Gerudo. Non che ciò sia totalmente assente, ma da una saga ultratrentennale ci si potrebbe aspettare un maggiore livello di cura. Sottolineo che questo aspetto è come sempre frutto di una volontà precisa, ma non per questo esente da critiche a mio parere.
Quindi, dopo tutto ciò, riprendiamo il tema originario trattato: la fase successiva alla "luna di miele".
A questo punto il giocatore ha iniziato a squarciare il velo, ha capito che il gioco risponde sempre e comunque a determinati schemi e che l'anima resta quella di BOTW, ma enormemente amplificata negli aspetti che volevano gli sviluppatori. Da qui continuerà a giocare fino a quando non avvertirà di aver sperimentato più o meno tutto ciò che il gioco ha da offrirgli. Proprio questo è il momento che varia di più da giocatore a giocatore: questo perché il gioco diventa gradualmente più prevedibile, ed è questo un elemento che viene tollerato più o meno a seconda del tipo di utente, del mindset con cui si è giocato (ed anche aspettato) il titolo, e in alcuni casi anche dall'avere o meno giocato il predecessore. Un diverso tema, che va a chiudere questa seconda parte, ma che è connesso con ciò che ho appena scritto, è quello della perdita di importanza dei dungeon, che tratterò insieme al tema del cambio di atmosfera rispetto agli Zelda tradizionali.
Il punto è questo: i fan di vecchia data ricordano i posti visitati nei precedenti zelda come luoghi, seppur ridotti, pregni di atmosfera e accompagnati da una (fantastica) colonna sonora che inevitabilmente restava impressa. E tutto ciò nei vecchi Zelda, in cui il focus erano città e dungeon, era realizzabile in modo estremamente più facile. Ma in un mondo come quello di Botw o Totk, in cui il tempo passato in questi posti è generalmente già minore e comunque diluito tantissimo, difficilmente si potrà legare con i singoli luoghi come era possibile fare negli Zelda tradizionali. Può indubbiamente capitare, ma implicherà giocare un numero di ore estremamente più elevato. Trovo la colonna sonora dell'isola del tutorial stupenda, ma non avrò mai un legame con essa minimamente paragonabile alla Saria's song che ho ascoltato e suonato 100 volte, per dirne una. Per i dungeon, pur essendo io uno dei maggiori critici di essi, vale in parte lo stesso discorso. Essi non sono i dungeon che speravo, non sono probabilmente i migliori possibili ed anzi hanno ampi margini di miglioramento, ma sono pienamente coerenti con la formula di gioco scelta, in un mondo di gioco in cui solo una percentuali minima di enigmi è contenuta in essi, rispetto al totale. Il punto è, questa coerenza è sempre un bene? Questo non uscire fuori dal cerchio, è sempre positivo? Non ho una risposta, quello che posso dire è la mia opinione. Definisco questi dungeon come un altro degli elementi che determinano la circolarità di Tears of the Kingdom: funzionali all'insieme ma non autosufficienti presi singolarmente, e questo è avallato secondo me dal grande impegno profuso nelle fasi prima di essi.
Con questo chiudo la seconda parte. Nella terza tornerò invece ad essere più positivo verso il gioco, ancora non so bene come chiuderò il tutto, ma parlerò di endgame, del finale e approfondirò certi argomenti lasciati un po' in sospeso.
Guarda, in realtà questo è ciò che credo abbiamo pensato tutti alla prima o prime due discese, io pure c'ero rimasto spiazzato e demoralizzato, ma va detto che una volta che inizi ad illuminare le cose cambiano, quando torni giù consapevole di come muoverti e con l'attrezzatura giusta finire il sottosuolo non è più un dramma ed una volta finito se scendi per farmare, o per una missione o per recuperare tesori sembra tutt'altro gioco rispetto alle prime discese.
Inoltre va pure detto che io il primo salto l'ho fatto dal baratro gigante vicino a calbarico, se avessi seguito i suggerimento degli npc e fossi partito dal baratro vicino all'accampamento beh, sarebbe stato moooolto più semplice e meno traumatico
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Ah l'ascensus...
...la prima volta che scesi su Hyrule ricordo che provai più volte a mettermi in linea d'aria sotto un'isola nel cielo convinto che sarei potuto risalire in quel modo
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Come in SS del resto, meno che in SS comunque.
Penso che Aonuma a volte sia bloccato da certe abitudini che si porta dietro da una vita passata sulla stessa saga, tipo quella di non creare storie che possano essere coerenti e definite in una timeline
Per l'ascensus pensai la stessa cosa, perche le isole spesso hanno una protuberanza nel lato inferiore che sembrava troppo suggerire che si potesse fare una cosa simile
Per la seconda questione concordo, ho esplicitato un po' come la penso nel post pubblicato appena sopra
Trascorsa la prima fase, il giocatore inizia a capire come muoversi e comprende, ad un livello nettamente più profondo rispetto all'inizio, come è strutturato il mondo di gioco.
Non è particolarmente importante a che punto della storia si è arrivati, quanto piuttosto l'attenzione con cui si è giocato, il mindset, nonché inevitabilmente il numero di ore trascorse.
Questo concetto di attenzione tuttavia non deve essere frainteso: in Tears of the Kingdom, in nome dell'assoluta libertà più volte citata, non vi è probabilmente un metodo di progressione migliore di un altro, ed anche ciò è intenzionale.
Si desidera porre l'attenzione sulla costruzione sin da subito, per poi avvantaggiarsene nel mondo di superficie? Si può fare, e questo semplificherà enormemente il futuro, ma comporterà un investimento di tempo notevole all'inizio.
Si vuole invece esplorare gradualmente e meticolosamente ogni porzione di mappa? Anche ciò avrà i suoi vantaggi e relativi svantaggi.
Ciò che però è importante segnalare è che il concetto di circolarità inizia ad assumere portata concreta nel gioco. Questo è uno dei temi portanti dell' opera, e la condiziona dal punto di vista non solo narrativo, ma anche del gameplay.
Infatti ciò che ho appena detto và integrato: è vero che non esistono, tendenzialmente, approcci sbagliati al gioco, ma è una verità altrettanto incontestabile che esso incoraggi l'esplorazione parallela dei 3 macro-segmenti che lo compongono, poiché sotterranei, cielo e superficie sono inscindibilmente legati e propedeutici l'uno all'altro.
Questo è un altro aspetto fondamentale che si collega al concetto di mondo stesso come macro-enigma. Perfettamente esemplificativo di ciò è il meccanismo per cui nel sottosuolo si reperiscono risorse, che consentiranno di volare più a lungo nel cielo, nel quale si troveranno a sua volta le mappe con i tesori del sottosuolo.
Non mi soffermo più di tanto sull' argomento poiché è l'esempio di circolarità più evidente, e non necessità di particolare analisi, ma vanno nondimeno sottolineati l'importanza ed il potenziale dirompente di una struttura simile.
Il tema della circolarità assume rilevanza infatti in relazione ad almeno altri 2 aspetti, sempre esclusa la trama:
- Il mondo di gioco agisce come complesso organico: ogni villaggio, stallaggio, avamposto, non è mai un microcosmo chiuso. Ovunque si potrà osservare che le varie razze del gioco convivono e collaborano, che i personaggi si trasferiscono, che spesso si preoccupano per i loro affetti lontani, che commentano avvenimenti recenti, leggendo o meno il giornale.
A ciò si collega una cura per i dettagli estrema per quanto riguarda i comportamenti dei personaggi e delle loro routine.
Paya, la capovillaggio di Calbarico, farà ogni giorno un giro intorno ad esso commentando, ogni 5-10 metri, una cosa diversa: contando le carote presenti nell'orto, parlando della giornata, dicendo tra sè e sè che quella che sta oltrepassando è la casa di Narzucco, e tantissime altre considerazioni che fanno capire l'estrema cura per i dettagli profusa nel titolo.
Analogamente i personaggi aiutati in una regione potranno essere incontrati dalla parte opposta della mappa, si ricorderanno di te, ti rigranzieranno e ti daranno informazioni utili nella maggior parte dei casi.
Infatti un altro elemento fondamentale che contraddistingue i dialoghi è che essi quasi mai sono fini a sè stessi: ricollegandomi al discorso fatto in precedenza, nulla in questo gioco è lasciato al caso da questo punto di vista; che sia per informare riguardo ad una meccanica, un evento, un luogo, un materiale, o anche un semplice consiglio utile a semplificarsi la vita.
Da questo punto di vista infatti bisogna tenere a mente che gli sviluppatori tentano costantemente di lasciare in bilico il giocatore tra la scoperta casuale ed il guidarlo, nei casi in cui essa si dimostri particolarmente complessa ed impegnativa. Il ruolo del comprimario che dà indizi al giocatore viene qui sostituito dal popolo stesso che abita il mondo di gioco.
-L'altra declinazione della circolarità è percepibile osservando come il gioco riporti sempre e ciclicamente agli stessi elementi: i nemici, anche se definiti pirati, saranno pur sempre quelli presenti normalmente, le sfide non saranno praticamente mai uniche, dai covi Yiga alle isole nel cielo, vi sarà sempre un certo numero di ripetizioni e una combinazione costante di determinati schemi ed elementi, che verranno spesso semplicemente adattati o riassemblati, ma mantenendone la sostanza.
Questo vale per le ricompense, ma perfino la trama susseguente ai dungeon sarà ripetuta 4 volte. Ciò è fondamentale perché crea un ordine graduale nella mente del giocatore, che gli permette innanzitutto di iniziare, ma anche di proseguire la sua avventura, senza perdere nulla di fondamentale. Vi sono le dovute eccezioni, come armature che si trovano interamente in una regione o lo schematrix, ma appunto non sono la norma e sono sempre coadiuvate, come detto in precedenza, da quest o indizi evidenti dietro di esse.
Per esempio, la nuova specie di animali introdotta, che implica solo una subquest, quindi un raro caso di evento unico, viene nominata in praticamente ogni stallaggio dall'inizio del gioco, solo per fare sì che il giocatore non possa missarla.
Fin'ora ho parlato praticamente solo bene del gioco, e dell'aspetto della circolarità. E' ora il momento di analizzarne quelli che reputo i punti deboli di un mondo gestito in questo modo.
Partiamo da un tema oggettivo: il gioco è un sequel che riutilizza una mappa già vista. Non solo, è un sequel di un gioco che ha venduto tantissimo, ed ha ricevuto un'accoglienza clamorosa.
Pertanto a ciò si unisce il tema, soggettivo, dei tipi di giocatore che hanno messo mano sul titolo. Personalmente ho giocato botw in modo esaustivo, ma per un motivo o per l'altro non l'ho spolpato come ho fatto col seguito. Avrò fatto sulle 100 ore e qualcosa in più, se ricordo (non posso controllare avendolo su wii u).
Molte persone non lo hanno giocato, lo hanno giocato meno di me, e molte di più. Per la terza categoria, appare comprensibile che dopo aver passato magari 200 ore o più sul primo capitolo, semplicemente avrebbero preferito, più che non rivedere quei luoghi, non passarci altre potenziali 300 o 400 ore.
E' questo un limite intrinseco del concetto di sequel per come hanno voluto impostarlo, e non dipende certo da uno scarso impegno degli sviluppatori, nel modificare, aggiungere e riempire di cose nuove il mondo. Nondimeno, resta un limite.
Limite compensato solo in parte dal cielo e dai sotterranei. Non siamo qui di fronte a un caso come quello di Pokemon Oro e Argento, in cui potevi esplorare Kanto dopo una campagna che da sola esauriva la normale durata del gioco, ed era autosufficiente. In questo caso resta la superficie il luogo centrale del gioco, in tutti i sensi.Gli altri due mondi non sono minimamente autosufficienti, e nemmeno puntano ad esserlo ad onor del vero:
-il cielo è costituito fondamentalmente da gruppi di isole di dimensione ridotta e che fungono spesso da "sacrario all'aperto" o da sfide di vario genere. Fanno eccezione solo l'arcipelago iniziale e un altro gruppo un po' più grandicello, ma che comunque non contiene particolari stravolgimenti a questa formula.
-il sottosuolo, all'inizio del gioco il posto probabilmente più affascinante, si rivela principalmente un luogo di farming e di battaglie una volta accese le radici: nota di merito all'arena dei Lynel soprattutto per la collocazione, facilmente trovabile e che presenta una delle sfide più difficili del gioco sin dall'early game. Oltre a ciò il sottosuolo è anche il luogo in cui ci si può sbizzarrire con i mezzi di costruzione ed in cui si possono risolvere alcuni enigmi, principalmente riguardanti ascensus ma non solo, connessi alla superficie. Infine, vi sono altre cose interessanti come le miniere, i covi yiga, le statue e i tesori da trovare tramite le mappe, oltre allo schematrix.
Anche qui vi sono quindi sicuramente varie cose da fare, ma è proprio in questo luogo che si avverte più pesantemente la struttura ripetitiva del gioco, per via essenzialmente dellamonotonia dell'ambiente, che varia nettamente in un solo luogo; del suo scopo, quello di fornire ampi spazi "di nulla" per sperimentare con i mezzi zonau; e della sua conformazione, che segue sempre gli stessi pattern, tant'è che a un certo punto trovavo i tesori senza bisogno delle mappe in cielo, ma semplicemente consultando quella del mondo.
Altre considerazioni sul sottosuolo riguardano più che altro l'endgame, e pertanto non le farò adesso.
Quindi, riprendendo il discorso, i due mondi appena citati non sono autosufficienti, ed ampia parte del tempo viene inevitabilmente spesa sulla superficie. E nella superficie il mondo di gioco è stato riadattato per certi versi in maniera magistrale, ma come detto si deve sempre rapportare all'intrinseco limite della ripetizione della mappa. Una massima, che in alcuni casi si trasforma a mio parere in un limite, che si sono invece imposti gli sviluppatori del gioco, è di renderlo accessibile a quanti più giocatori possibile, e questo si riflette non solo nel gameplay nei modi che abbiamo visto, per esempio con risoluzioni multiple degli enigmi, ma anche nella scarsissima importanza che viene data agli eventi di Breath of the Wild: si, i capi del villaggio conoscono Link, ma spessissimo capiterà che personaggi presenti nel precedente capitolo non lo riconoscano. Non fraintendiamoci, non necessariamente in Botw Link deve aver conosciuto tutti gli NPC, ma il caso della quest sulla lezione riguardante la calamità, dove la maestra spiega con Link accanto, come se non la avesse sconfitta lui stesso, è esemplificativo. Ed in generale i riferimenti, sparsi qua e là, restano comunque rari e piuttosto vaghi. Che fine hanno fatto le Divine Beast? I guardiani in rovina sono rimasti lì per 100 anni, e all'improvviso vengono rimossi tutti in pochissimo, e nessuno li menziona? Tra l'altro apro una piccola parentesi: anche qui non vi sarebbero stati ostacoli a mettere una arena nei sotterranei con i vecchi costrutti sheika dei sacrari di Breath of the Wild, e infine un guardiano come ultimo boss. Di certo il problema non sarebbe stato trovare un pretesto (semplici guardiani sprofondati e contagiati dal miasma, magari gli fai anche droppare delle cuspidi ancestrali).
Perché dico ciò? Non perché voglio vestire i panni dello sviluppatore, ma perché voglio far notare come non abbiano voluto assolutamente:
-sia uscire fuori dagli schemi circolari di cui ho già parlato.
-sia riferirsi al capitolo precedente, anche qualora ciò non avesse comportato particolari complessità (avevano nemici e moveset già pronti)
E penso sia ovvio che l'inclusione dei guardiani sia stata presa almeno una volta in considerazione. A ciò si unisce il fatto che non vi sia una vera espansione della lore e della mitologia dietro al gioco, al di fuori del tema degli Zonau: tutto infine si riduce, inizia e finisce con questo popolo divino, in sintesi colpevole di aver portato, come un novello prometeo, la tecnologia e la pace ai selvaggi abitanti di Hyrule. La trama tocca temi profondi ed i personaggi sono ben caratterizzati per il poco tempo che stanno a schermo. Segnalo inoltre che alcune chicche riguardanti la lore, ad esempio i modi di fare e parlare di Ganondorf, o l'origine dei rospettri, si perdono decisamente nell'adattamento,ma non perché questo sia pigro o altro, è semplicemente inevitabile. Tuttavia gli importanti temi trattati non implicano che il modo di farlo sia idoneo, e i personaggi ben caratterizzati non necessariamente sono esenti da pecche o ingenuità.
Dal poco spazio comunque dedicato a Ganondorf, tra le figure più interessanti e carismatiche del gioco, si passa alla improvvisa e inspiegabile amnesia di Zelda riguardo i nomi e gli eventi di BOTW (anche qui si torna a quanto ho scritto prima). Oltre a ciò risultano poco approfonditi dei rapporti, come quello tra Mineru e Zelda, e non bisogna dimenticare quanto sia tedioso vedere lo stesso identico intermezzo 4 volte. Ma in generale, tutti i popoli di Hyrule hanno in Tears vissuto in funzione degli Zonau, il resto viene ridotto a una lontana leggenda, in un gioco che, da questo punto di vista, non prova lontanamente a costruire qualcosa di elaborato o a lungo termine. I dialoghi del gioco, se infatti eccellono per quanto riguarda coerenza, cura del particolare e utilità, raramente conterranno informazioni che potrebbero apportare seriamente un contributo alla mitologia dietro al gioco, o suscitare riflessioni in senso etico o filologico che vadano oltre esigenze di gameplay.
In generale sembra mancare quel fenomeno che nella realtà si riscontra quando si uniscono più popoli sotto un unico regno, ovvero il permanere di una storia e di tradizioni individuali e radicate, tranne forse per il popolo Gerudo. Non che ciò sia totalmente assente, ma da una saga ultratrentennale ci si potrebbe aspettare un maggiore livello di cura. Sottolineo che questo aspetto è come sempre frutto di una volontà precisa, ma non per questo esente da critiche a mio parere.
Quindi, dopo tutto ciò, riprendiamo il tema originario trattato: la fase successiva alla "luna di miele".
A questo punto il giocatore ha iniziato a squarciare il velo, ha capito che il gioco risponde sempre e comunque a determinati schemi e che l'anima resta quella di BOTW, ma enormemente amplificata negli aspetti che volevano gli sviluppatori. Da qui continuerà a giocare fino a quando non avvertirà di aver sperimentato più o meno tutto ciò che il gioco ha da offrirgli. Proprio questo è il momento che varia di più da giocatore a giocatore: questo perché il gioco diventa gradualmente più prevedibile, ed è questo un elemento che viene tollerato più o meno a seconda del tipo di utente, del mindset con cui si è giocato (ed anche aspettato) il titolo, e in alcuni casi anche dall'avere o meno giocato il predecessore. Un diverso tema, che va a chiudere questa seconda parte, ma che è connesso con ciò che ho appena scritto, è quello della perdita di importanza dei dungeon, che tratterò insieme al tema del cambio di atmosfera rispetto agli Zelda tradizionali.
Il punto è questo: i fan di vecchia data ricordano i posti visitati nei precedenti zelda come luoghi, seppur ridotti, pregni di atmosfera e accompagnati da una (fantastica) colonna sonora che inevitabilmente restava impressa. E tutto ciò nei vecchi Zelda, in cui il focus erano città e dungeon, era realizzabile in modo estremamente più facile. Ma in un mondo come quello di Botw o Totk, in cui il tempo passato in questi posti è generalmente già minore e comunque diluito tantissimo, difficilmente si potrà legare con i singoli luoghi come era possibile fare negli Zelda tradizionali. Può indubbiamente capitare, ma implicherà giocare un numero di ore estremamente più elevato. Trovo la colonna sonora dell'isola del tutorial stupenda, ma non avrò mai un legame con essa minimamente paragonabile alla Saria's song che ho ascoltato e suonato 100 volte, per dirne una. Per i dungeon, pur essendo io uno dei maggiori critici di essi, vale in parte lo stesso discorso. Essi non sono i dungeon che speravo, non sono probabilmente i migliori possibili ed anzi hanno ampi margini di miglioramento, ma sono pienamente coerenti con la formula di gioco scelta, in un mondo di gioco in cui solo una percentuali minima di enigmi è contenuta in essi, rispetto al totale. Il punto è, questa coerenza è sempre un bene? Questo non uscire fuori dal cerchio, è sempre positivo? Non ho una risposta, quello che posso dire è la mia opinione. Definisco questi dungeon come un altro degli elementi che determinano la circolarità di Tears of the Kingdom: funzionali all'insieme ma non autosufficienti presi singolarmente, e questo è avallato secondo me dal grande impegno profuso nella fasi prima di essi.
Con questo chiudo la seconda parte. Nella terza tornerò invece ad essere più positivo verso il gioco, ancora non so bene come chiuderò il tutto, ma parlerò di endgame, del finale e approfondirò certi argomenti lasciati un po' in sospeso.
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Per l'ascensus pensai la stessa cosa, perche le isole spesso hanno una protuberanza nel lato inferiore che sembrava troppo suggerire che si potesse fare una cosa simile
Per la seconda questione concordo, ho esplicitato un po' come la penso nel post pubblicato appena sopra
grazie per questa analisi tripartita. è interessante vedere come già in questi due frammenti ci sia il riassunto di pagine e pagine di discussioni, la summa di pareri positivi e negativi espressi da chi ha partecipato alla discussione, te compreso.
è vero, come dicevi, che ti collochi un po' "nel mezzo".
grazie per questa analisi tripartita. è interessante vedere come già in questi due frammenti ci sia il riassunto di pagine e pagine di discussioni, la summa di pareri positivi e negativi espressi da chi ha partecipato alla discussione, te compreso.
è vero, come dicevi, che ti collochi un po' "nel mezzo".
Guarda dovrei ringraziare io voi, è proprio come dici tu, le analisi e le discussioni che sono state tenute in questo topic mi hanno permesso di capire il gioco molto meglio di quanto probabilmente non avrei fatto, se non mi fossi confrontato qui con le vostre opinioni.
Beh, questo corrisponde a circa 2 o 3 mesi in cui non ho scritto quasi nulla in questo topic, se leggi ogni volta puntualmente dicevo che avrei aspettato per dare un giudizio esaustivo.
Poi si, il dono della sintesi non è evidentemente il mio starting gift di inizio vita.
Non ho letto ancora tutto Lop ma complimenti, sia per le cose positive che negative scritte. Apprezzo particolarmente il cercare di oggettivizzare l'analisi delle varie componenti, razionalizzarla e parlare degli aspetti per te anche negativi, spiegando inoltre cosa invece potrebbe essere percepito (quindi non c'è un effettività) "negativo" per motivi di design o di semplice gusti personali. Bello bello
Appena posso vorrei un po, risponderti passo dopo passo ma hai scritto inferno, paradiso e purgatorio a facc ro cazz
P.s. comunque mi fa sorridere che hai scritto che nella terza parte sarai piu positivo anche se letteralmente lo sei stato anche qui per molte cose
Bellissimo quando usi un arco lynel x5, lanci semi luminosi grandi e li vedi atterrare dopo mezz'ora perché avanti a te avevi un dirupo per poi vedere tutto illuminato come se fosse giorno
Trascorsa la prima fase, il giocatore inizia a capire come muoversi e comprende, ad un livello nettamente più profondo rispetto all'inizio, come è strutturato il mondo di gioco.
Non è particolarmente importante a che punto della storia si è arrivati, quanto piuttosto l'attenzione con cui si è giocato, il mindset, nonché inevitabilmente il numero di ore trascorse.
Questo concetto di attenzione tuttavia non deve essere frainteso: in Tears of the Kingdom, in nome dell'assoluta libertà più volte citata, non vi è probabilmente un metodo di progressione migliore di un altro, ed anche ciò è intenzionale.
Si desidera porre l'attenzione sulla costruzione sin da subito, per poi avvantaggiarsene nel mondo di superficie? Si può fare, e questo semplificherà enormemente il futuro, ma comporterà un investimento di tempo notevole all'inizio.
Si vuole invece esplorare gradualmente e meticolosamente ogni porzione di mappa? Anche ciò avrà i suoi vantaggi e relativi svantaggi.
Ciò che però è importante segnalare è che il concetto di circolarità inizia ad assumere portata concreta nel gioco. Questo è uno dei temi portanti dell' opera, e la condiziona dal punto di vista non solo narrativo, ma anche del gameplay.
Infatti ciò che ho appena detto và integrato: è vero che non esistono, tendenzialmente, approcci sbagliati al gioco, ma è una verità altrettanto incontestabile che esso incoraggi l'esplorazione parallela dei 3 macro-segmenti che lo compongono, poiché sotterranei, cielo e superficie sono inscindibilmente legati e propedeutici l'uno all'altro.
Questo è un altro aspetto fondamentale che si collega al concetto di mondo stesso come macro-enigma. Perfettamente esemplificativo di ciò è il meccanismo per cui nel sottosuolo si reperiscono risorse, che consentiranno di volare più a lungo nel cielo, nel quale si troveranno a sua volta le mappe con i tesori del sottosuolo.
Non mi soffermo più di tanto sull' argomento poiché è l'esempio di circolarità più evidente, e non necessità di particolare analisi, ma vanno nondimeno sottolineati l'importanza ed il potenziale dirompente di una struttura simile.
Il tema della circolarità assume rilevanza infatti in relazione ad almeno altri 2 aspetti, sempre esclusa la trama:
- Il mondo di gioco agisce come complesso organico: ogni villaggio, stallaggio, avamposto, non è mai un microcosmo chiuso. Ovunque si potrà osservare che le varie razze del gioco convivono e collaborano, che i personaggi si trasferiscono, che spesso si preoccupano per i loro affetti lontani, che commentano avvenimenti recenti, leggendo o meno il giornale.
A ciò si collega una cura per i dettagli estrema per quanto riguarda i comportamenti dei personaggi e delle loro routine.
Paya, la capovillaggio di Calbarico, farà ogni giorno un giro intorno ad esso commentando, ogni 5-10 metri, una cosa diversa: contando le carote presenti nell'orto, parlando della giornata, dicendo tra sè e sè che quella che sta oltrepassando è la casa di Narzucco, e tantissime altre considerazioni che fanno capire l'estrema cura per i dettagli profusa nel titolo.
Analogamente i personaggi aiutati in una regione potranno essere incontrati dalla parte opposta della mappa, si ricorderanno di te, ti rigranzieranno e ti daranno informazioni utili nella maggior parte dei casi.
Infatti un altro elemento fondamentale che contraddistingue i dialoghi è che essi quasi mai sono fini a sè stessi: ricollegandomi al discorso fatto in precedenza, nulla in questo gioco è lasciato al caso da questo punto di vista; che sia per informare riguardo ad una meccanica, un evento, un luogo, un materiale, o anche un semplice consiglio utile a semplificarsi la vita.
Da questo punto di vista infatti bisogna tenere a mente che gli sviluppatori tentano costantemente di lasciare in bilico il giocatore tra la scoperta casuale ed il guidarlo, nei casi in cui essa si dimostri particolarmente complessa ed impegnativa. Il ruolo del comprimario che dà indizi al giocatore viene qui sostituito dal popolo stesso che abita il mondo di gioco.
-L'altra declinazione della circolarità è percepibile osservando come il gioco riporti sempre e ciclicamente agli stessi elementi: i nemici, anche se definiti pirati, saranno pur sempre quelli presenti normalmente, le sfide non saranno praticamente mai uniche, dai covi Yiga alle isole nel cielo, vi sarà sempre un certo numero di ripetizioni e una combinazione costante di determinati schemi ed elementi, che verranno spesso semplicemente adattati o riassemblati, ma mantenendone la sostanza.
Questo vale per le ricompense, ma perfino la trama susseguente ai dungeon sarà ripetuta 4 volte. Ciò è fondamentale perché crea un ordine graduale nella mente del giocatore, che gli permette innanzitutto di iniziare, ma anche di proseguire la sua avventura, senza perdere nulla di fondamentale. Vi sono le dovute eccezioni, come armature che si trovano interamente in una regione o lo schematrix, ma appunto non sono la norma e sono sempre coadiuvate, come detto in precedenza, da quest o indizi evidenti dietro di esse.
Per esempio, la nuova specie di animali introdotta, che implica solo una subquest, quindi un raro caso di evento unico, viene nominata in praticamente ogni stallaggio dall'inizio del gioco, solo per fare sì che il giocatore non possa missarla.
Fin'ora ho parlato praticamente solo bene del gioco, e dell'aspetto della circolarità. E' ora il momento di analizzarne quelli che reputo i punti deboli di un mondo gestito in questo modo.
Partiamo da un tema oggettivo: il gioco è un sequel che riutilizza una mappa già vista. Non solo, è un sequel di un gioco che ha venduto tantissimo, ed ha ricevuto un'accoglienza clamorosa.
Pertanto a ciò si unisce il tema, soggettivo, dei tipi di giocatore che hanno messo mano sul titolo. Personalmente ho giocato botw in modo esaustivo, ma per un motivo o per l'altro non l'ho spolpato come ho fatto col seguito. Avrò fatto sulle 100 ore e qualcosa in più, se ricordo (non posso controllare avendolo su wii u).
Molte persone non lo hanno giocato, lo hanno giocato meno di me, e molte di più. Per la terza categoria, appare comprensibile che dopo aver passato magari 200 ore o più sul primo capitolo, semplicemente avrebbero preferito, più che non rivedere quei luoghi, non passarci altre potenziali 300 o 400 ore.
E' questo un limite intrinseco del concetto di sequel per come hanno voluto impostarlo, e non dipende certo da uno scarso impegno degli sviluppatori, nel modificare, aggiungere e riempire di cose nuove il mondo. Nondimeno, resta un limite.
Limite compensato solo in parte dal cielo e dai sotterranei. Non siamo qui di fronte a un caso come quello di Pokemon Oro e Argento, in cui potevi esplorare Kanto dopo una campagna che da sola esauriva la normale durata del gioco, ed era autosufficiente. In questo caso resta la superficie il luogo centrale del gioco, in tutti i sensi.Gli altri due mondi non sono minimamente autosufficienti, e nemmeno puntano ad esserlo ad onor del vero:
-il cielo è costituito fondamentalmente da gruppi di isole di dimensione ridotta e che fungono spesso da "sacrario all'aperto" o da sfide di vario genere. Fanno eccezione solo l'arcipelago iniziale e un altro gruppo un po' più grandicello, ma che comunque non contiene particolari stravolgimenti a questa formula.
-il sottosuolo, all'inizio del gioco il posto probabilmente più affascinante, si rivela principalmente un luogo di farming e di battaglie una volta accese le radici: nota di merito all'arena dei Lynel soprattutto per la collocazione, facilmente trovabile e che presenta una delle sfide più difficili del gioco sin dall'early game. Oltre a ciò il sottosuolo è anche il luogo in cui ci si può sbizzarrire con i mezzi di costruzione ed in cui si possono risolvere alcuni enigmi, principalmente riguardanti ascensus ma non solo, connessi alla superficie. Infine, vi sono altre cose interessanti come le miniere, i covi yiga, le statue e i tesori da trovare tramite le mappe, oltre allo schematrix.
Anche qui vi sono quindi sicuramente varie cose da fare, ma è proprio in questo luogo che si avverte più pesantemente la struttura ripetitiva del gioco, per via essenzialmente dellamonotonia dell'ambiente, che varia nettamente in un solo luogo; del suo scopo, quello di fornire ampi spazi "di nulla" per sperimentare con i mezzi zonau; e della sua conformazione, che segue sempre gli stessi pattern, tant'è che a un certo punto trovavo i tesori senza bisogno delle mappe in cielo, ma semplicemente consultando quella del mondo.
Altre considerazioni sul sottosuolo riguardano più che altro l'endgame, e pertanto non le farò adesso.
Quindi, riprendendo il discorso, i due mondi appena citati non sono autosufficienti, ed ampia parte del tempo viene inevitabilmente spesa sulla superficie. E nella superficie il mondo di gioco è stato riadattato per certi versi in maniera magistrale, ma come detto si deve sempre rapportare all'intrinseco limite della ripetizione della mappa. Una massima, che in alcuni casi si trasforma a mio parere in un limite, che si sono invece imposti gli sviluppatori del gioco, è di renderlo accessibile a quanti più giocatori possibile, e questo si riflette non solo nel gameplay nei modi che abbiamo visto, per esempio con risoluzioni multiple degli enigmi, ma anche nella scarsissima importanza che viene data agli eventi di Breath of the Wild: si, i capi del villaggio conoscono Link, ma spessissimo capiterà che personaggi presenti nel precedente capitolo non lo riconoscano. Non fraintendiamoci, non necessariamente in Botw Link deve aver conosciuto tutti gli NPC, ma il caso della quest sulla lezione riguardante la calamità, dove la maestra spiega con Link accanto, come se non la avesse sconfitta lui stesso, è esemplificativo. Ed in generale i riferimenti, sparsi qua e là, restano comunque rari e piuttosto vaghi. Che fine hanno fatto le Divine Beast? I guardiani in rovina sono rimasti lì per 100 anni, e all'improvviso vengono rimossi tutti in pochissimo, e nessuno li menziona? Tra l'altro apro una piccola parentesi: anche qui non vi sarebbero stati ostacoli a mettere una arena nei sotterranei con i vecchi costrutti sheika dei sacrari di Breath of the Wild, e infine un guardiano come ultimo boss. Di certo il problema non sarebbe stato trovare un pretesto (semplici guardiani sprofondati e contagiati dal miasma, magari gli fai anche droppare delle cuspidi ancestrali).
Perché dico ciò? Non perché voglio vestire i panni dello sviluppatore, ma perché voglio far notare come non abbiano voluto assolutamente:
-sia uscire fuori dagli schemi circolari di cui ho già parlato.
-sia riferirsi al capitolo precedente, anche qualora ciò non avesse comportato particolare complessità (avevano nemici e moveset già pronti)
E penso sia ovvio che l'inclusione dei guardiani sia stata presa almeno una volta in considerazione. A ciò si unisce il fatto che non vi sia una vera espansione della lore e della mitologia dietro al gioco, al di fuori del tema degli Zonau: tutto infine si riduce, inizia e finisce con questo popolo divino, in sintesi colpevole di aver portato, come un novello prometeo, la tecnologia e la pace ai selvaggi abitanti di Hyrule. La trama tocca temi profondi ed i personaggi sono ben caratterizzati per il poco tempo che stanno a schermo. Segnalo inoltre che alcune chicche riguardanti la lore, ad esempio i modi di fare e parlare di Ganondorf, o l'origine dei rospettri, si perdono decisamente nell'adattamento,ma non perché questo sia pigro o altro, è semplicemente inevitabile. Tuttavia gli importanti temi trattati non implicano che il modo di farlo sia idoneo, e i personaggi ben caratterizzati non necessariamente sono esenti da pecche o ingenuità.
Dal poco spazio comunque dedicato a Ganondorf, tra le figure più interessanti e carismatiche del gioco, si passa alla improvvisa e inspiegabile amnesia di Zelda riguardo i nomi e gli eventi di BOTW (anche qui si torna a quanto ho scritto prima). Oltre a ciò risultano poco approfonditi dei rapporti, come quello tra Mineru e Zelda, e non bisogna dimenticare quanto sia tedioso vedere lo stesso identico intermezzo 4 volte. Ma in generale, tutti i popoli di Hyrule hanno in Tears vissuto in funzione degli Zonau, il resto viene ridotto a una lontana leggenda, in un gioco che, da questo punto di vista, non prova lontanamente a costruire qualcosa di elaborato o a lungo termine. I dialoghi del gioco, se infatti eccellono per quanto riguarda coerenza, cura del particolare e utilità, raramente conterranno informazioni che potrebbero apportare seriamente un contributo alla mitologia dietro al gioco, o suscitare riflessioni in senso etico o filologico che vadano oltre esigenze di gameplay.
In generale sembra mancare quel fenomeno che nella realtà si riscontra quando si uniscono più popoli sotto un unico regno, ovvero il permanere di una storia e di tradizioni individuali e radicate, tranne forse per il popolo Gerudo. Non che ciò sia totalmente assente, ma da una saga ultratrentennale ci si potrebbe aspettare un maggiore livello di cura. Sottolineo che questo aspetto è come sempre frutto di una volontà precisa, ma non per questo esente da critiche a mio parere.
Quindi, dopo tutto ciò, riprendiamo il tema originario trattato: la fase successiva alla "luna di miele".
A questo punto il giocatore ha iniziato a squarciare il velo, ha capito che il gioco risponde sempre e comunque a determinati schemi e che l'anima resta quella di BOTW, ma enormemente amplificata negli aspetti che volevano gli sviluppatori. Da qui continuerà a giocare fino a quando non avvertirà di aver sperimentato più o meno tutto ciò che il gioco ha da offrirgli. Proprio questo è il momento che varia di più da giocatore a giocatore: questo perché il gioco diventa gradualmente più prevedibile, ed è questo un elemento che viene tollerato più o meno a seconda del tipo di utente, del mindset con cui si è giocato (ed anche aspettato) il titolo, e in alcuni casi anche dall'avere o meno giocato il predecessore. Un diverso tema, che va a chiudere questa seconda parte, ma che è connesso con ciò che ho appena scritto, è quello della perdita di importanza dei dungeon, che tratterò insieme al tema del cambio di atmosfera rispetto agli Zelda tradizionali.
Il punto è questo: i fan di vecchia data ricordano i posti visitati nei precedenti zelda come luoghi, seppur ridotti, pregni di atmosfera e accompagnati da una (fantastica) colonna sonora che inevitabilmente restava impressa. E tutto ciò nei vecchi Zelda, in cui il focus erano città e dungeon, era realizzabile in modo estremamente più facile. Ma in un mondo come quello di Botw o Totk, in cui il tempo passato in questi posti è generalmente già minore e comunque diluito tantissimo, difficilmente si potrà legare con i singoli luoghi come era possibile fare negli Zelda tradizionali. Può indubbiamente capitare, ma implicherà giocare un numero di ore estremamente più elevato. Trovo la colonna sonora dell'isola del tutorial stupenda, ma non avrò mai un legame con essa minimamente paragonabile alla Saria's song che ho ascoltato e suonato 100 volte, per dirne una. Per i dungeon, pur essendo io uno dei maggiori critici di essi, vale in parte lo stesso discorso. Essi non sono i dungeon che speravo, non sono probabilmente i migliori possibili ed anzi hanno ampi margini di miglioramento, ma sono pienamente coerenti con la formula di gioco scelta, in un mondo di gioco in cui solo una percentuali minima di enigmi è contenuta in essi, rispetto al totale. Il punto è, questa coerenza è sempre un bene? Questo non uscire fuori dal cerchio, è sempre positivo? Non ho una risposta, quello che posso dire è la mia opinione. Definisco questi dungeon come un altro degli elementi che determinano la circolarità di Tears of the Kingdom: funzionali all'insieme ma non autosufficienti presi singolarmente, e questo è avallato secondo me dal grande impegno profuso nelle fasi prima di essi.
Con questo chiudo la seconda parte. Nella terza tornerò invece ad essere più positivo verso il gioco, ancora non so bene come chiuderò il tutto, ma parlerò di endgame, del finale e approfondirò certi argomenti lasciati un po' in sospeso.
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Per l'ascensus pensai la stessa cosa, perche le isole spesso hanno una protuberanza nel lato inferiore che sembrava troppo suggerire che si potesse fare una cosa simile
Per la seconda questione concordo, ho esplicitato un po' come la penso nel post pubblicato appena sopra
Non ho letto ancora tutto Lop ma complimenti, sia per le cose positive che negative scritte. Apprezzo particolarmente il cercare di oggettivizzare l'analisi delle varie componenti, razionalizzarla e parlare degli aspetti per te anche negativi, spiegando inoltre cosa invece potrebbe essere percepito (quindi non c'è un effettività) "negativo" per motivi di design o di semplice gusti personali. Bello bello
Appena posso vorrei un po, risponderti passo dopo passo ma hai scritto inferno, paradiso e purgatorio a facc ro cazz
P.s. comunque mi fa sorridere che hai scritto che nella terza parte sarai piu positivo anche se letteralmente lo sei stato anche qui per molte cose
Grazie mille a entrambi, mi fa molto piacere che nonostante la lunghezza il post vi abbia interessato. Daisuke tranquillissimo, se vorrai fare delle considerazioni sarò felice di leggerle, ma non vederlo certo come un impegno o qualcosa di simile, sarà qualcosa da fare quando e se avrai tempo e voglia
Si comunque è vero che alla fine sono stato spesso positivo anche qui, ma è la mia saga preferita, è come se mi mettessi a criticare l'opera che hai come immagine profilo: se mi chiedessero i difetti cercherei di essere oggettivo, ma sarebbe un colpo al cuore.
3)Dawn of the first day: la sostenibile leggerezza del completare
“You don't have any mask left, do you? Well, let’s do something else”
Il giocatore ha ormai chiari i meccanismi e i loop che muovono il mondo di gioco. Ha inoltre accumulato a questo punto tantissime risorse, e verosimilmente può spostarsi tramite i teletrasporti e i mezzi Zonau in modo estremamente efficiente rispetto all’inizio dell’avventura. In tutti i giochi di questo tipo avviene un fenomeno simile, nel senso che si acquistano una certa conoscenza delle varie zone e dei checkpoint per il teletrasporto, nonché mezzi per spostarsi più velocemente; oltre a ciò, possono influire vari elementi come un livello più alto che permette di non dover evitare luoghi o nemici.
A mio parere tuttavia, sviluppando tantissimo ciò che in Botw era solo accennato, questo gioco eccelle nel far acquisire una assoluta, graduale padronanza del mondo di gioco.
Gli elementi che permettono ciò sono la fisica particolarmente elaborata, l’informazione capillare e continua, l’estrema verticalità, i mezzi Zonau, la struttura circolare.
Non mi soffermerò su tutti gli elementi e non pretendo nemmeno di averli elencati esaustivamente, faccio solo qualche considerazione sparsa: fisica elaborata ed estrema verticalità sono paradigmatiche di come Tears tenda ad esasperare, in positivo o in negativo, le caratteristiche già presenti nel predecessore.
Riguardo all’informazione, ne ho già parlato in precedenza ma è qui che il discorso può arrivare alla sua conclusione, se connesso con la struttura circolare: nonostante l’immensa mole di contenuto presente nel gioco, completarlo, se non al 100%, comunque esplorandone più o meno ogni anfratto e trovando ogni tesoro degno di nota, è possibile e, cosa ancora più assurda, non è necessariamente la parte più tediosa del gioco. Come mi capitò di sottolineare in precedenza, è anche in questo che si può osservare l’estrema cura dei developer.
Essi forniscono al giocatore, che ha ormai esplorato gran parte del mondo:
-Una estesa serie di mezzi, alcuni in modo più esplicito, come i congegni Zonau, lo schematrix, il rilevatore della tavoletta, la macchina fotografica e il compendio, altri più subdolamente, come i ciliegi in fiore, l’oracolo di Papizia, i manifesti negli stallaggi e tanti altri esempi.
-Un ventaglio amplissimo di conoscenze, frutto di ripetizioni costanti di schemi e informazioni.
Voglio trovare dei sacrari? Consultiamo e confrontiamo la posizione delle radici. Le subquest? Vi è un modo segreto per trovarne la posizione. Le grotte? Ci sono tantissimi modi diversi, di cui si è ampiamente parlato, di trovarle tutte e 147, nessuna esclusa e senza dover ispezionare ogni singolo quadrante di mappa. Perfino i pozzi, per i quali ho avuto parecchie difficoltà, ed all’ultimo sono ricorso ad una guida, col senno di poi erano “fair” nei confronti del giocatore leggermente più metodico. Per i Korogu anche vi è uno strumento apposito, ma vorrei ricordare come la ricompensa per averli presi tutti sia, come nel capitolo precedente, una pila di escrementi, a scherno dell’enorme ma inutile fatica di reperirli tutti.
Le grotte sono l’esempio perfetto di completismo progettato bene, nonostante, a mio parere, avrebbero potuto inserirne un numero leggermente inferiore ed elaborarne di più alcune.
Tratterò questa mia opinione prima di tesserne le lodi. Sostanzialmente, la miglior grotta del gioco si distacca parecchio, per elaborazione e grandezza, dalle altre. Vi sono poi zone che sono davvero dense di grotte, che si riequilibrano con altre invece parecchio spoglie.
Pur mantenendo una densità notevole, avrei direzionato i miei sforzi anche solo su altre 2 o 3 grotte ampie come quella migliore, posizionandole tra l’altro in luoghi del gioco che risulterebbero particolarmente adatti. Esempio cardine, è un ipotetico minidungeon interno all’ Albero Deku.
Sto parlando, per esemplificare in termini numerici, di eventuali 120-125 grotte al posto che 147, ma con qualcuna in più davvero elaborata, visto che hanno dimostrato di saperlo fare. Mi ricorda un po’ in parallelo la situazione del castello di Hyrule e dei dungeon di Botw: Il primo che testimonia come siano in grado di creare qualcosa di estremamente elaborato, gli ultimi che fanno intuire come non avessero avuto l’intenzione di replicarlo.
Comunque, chiudo questa parentesi, che resta pur sempre un parere molto soggettivo.
Riprendendo il discorso, le grotte sono un ottimo esempio di completismo perché uniscono:
-il piacere di esplorarle: non fatevi ingannare da quanto ho scritto sopra, anche se meno elaborate della migliore, si trovano grotte interessantissime ed in generale il rapporto numero/qualità è impressionante.
-il piacere di trovarle accidentalmente, tramite un’esplorazione accurata e attenzione nel gioco
-il piacere di trovare intenzionalmente quelle che mancano, proprio perché il gioco fornisce dei mezzi, al giocatore attento ed esperto, per non andare mai a vuoto.
Reputo in sintesi le grotte un altro esempio paradigmatico dei pregi di Tears of the Kingdom, ed in parte dei difetti.
Inoltre il completista, a questo punto, non si aspetta grandi variazioni sul tema da ognuno dei pattern del gioco. Ma è proprio questa mancanza di aspettativa che permette, in piccolo, di stupire tantissime volte il giocatore perché, pur se si conoscono tutte le tessere che compongono il mosaico di Totk, a questo punto, gli sviluppatori restano sempre parecchio bravi a riassemblarle, e dare comunque una certa soddisfazione al giocatore.
Una nota negativa è costituita dal sottosuolo: è questa la parte che in verso la fine perde maggiormente il suo fascino, ed anzi diventa addirittura scomodo dovervi tornare qualora si voglia farmare zonanio, poiché tendenzialmente non ci sarà quasi null’altro da fare. Il gioco comunque sopperisce in vari modi che permettono di non farmare per tantissimo tempo dopo averlo presumibilmente esplorato per le dovute ore.
Per concludere sul tema, l’endgame in questo Zelda, per chi punta al completismo, riesce nella difficile impresa di conciliare l’inevitabile grinding richiesto, con un certo divertimento costante che permette di non annoiarsi.
Alla meraviglia dell’inizio, allo spaesamento che va gradualmente a trasformarsi in consapevolezza, e a volte, perché no, anche stanchezza e disillusione, della fase centrale, vanno, nella fase finale, ad aggiungersi un certo grado di soddisfazione nel vedere i propri sforzi prendere finalmente forma concreta, le risorse accumulate in ore e ore produrre finalmente i loro frutti, nonché, questa volta per davvero, va sviluppandosi un legame col mondo di gioco, che in questa fase è forse finalmente paragonabile a quello che si aveva con le location dei vecchi Zelda, solo che in questo caso abbraccia aree probabilmente più grandi o addirittura tutto il mondo di gioco, che a questo punto sembrerà 10 volte meno grande che all’inizio.
Riflessioni sparse, considerazioni sul finale e conclusione.
Ho avuto un rapporto conflittuale con questo Zelda. Senza ripetere pagine e pagine di discussioni, penso di capire, ed in parte concordare, con chi sostiene che, sempre parzialmente, il lato artistico sia stato sacrificato in funzione del gameplay. Ma non nel senso che non vi sia la stessa cura, o che il tempo dedicato a questi aspetti sia inferiore.
Il punto è che Zelda ora non racconta più un’avventura in modo stilizzato, non vai nella foresta dopo un caricamento, non hai l’impressione di stare in una città con gente, perché vedi dei semplici sfondi che trasmettono questa sensazione. Curare maggiormente l’aspetto artistico ed extraludico, fino a raggiungere nella gran parte dei luoghi, e quindi per la maggior parte del tempo di gioco, una densità di questi elementi, paragonabile a quella dei vecchi Zelda, non è impossibile, ma implica impostare il gioco perseguendo obiettivi diversi, proponendosi un’estensione sicuramente più ridotta di 3 mondi, per quanto come detto ve ne sia anche qui uno centrale, e un focus su altri elementi. In generale, adattare alla maggiore dimensione del mondo di un gioco così strutturato, una proporzionale maggiore attenzione per questi aspetti, è per certi versi assurdamente difficile.
Prendiamo l’informazione, così precisamente centellinata e ripetuta costantemente. Sarebbe distribuita così bene, se ad esempio i personaggi si mettessero a raccontare accuratamente la storia del mondo di gioco e le gesta dei giochi precedenti? Si dovrebbero creare più personaggi, o diluire i loro dialoghi, e di conseguenza ripensare l’equilibrio del gioco.
Con ciò non voglio assolutamente sostenere che il gioco sia perfetto. Questo è migliorabile sotto molti punti di vista, oggettivi (nessuno al mondo reputerebbe integrato bene nel gameplay l’utilizzo dei campioni a esempio) e soggettivi. Quello che voglio sottolineare è come spesso, in questo gioco, si possano contestarne le scelte alla radice, ma difficilmente l’esecuzione, una volta che quelle scelte sono state prese.
E questo perché ogni scelta è presa in funzione un’altra, in un‘ ordine che non ha un inizio e una fine, ma struttura circolare. Nintendo, tra le righe, dialoga con il giocatore attento lasciandogli tutti gli indizi, affinchè egli sia in grado, non per forza di essere d’accordo con le premesse inziali, ma di capire perché si è agito in un certo modo, una volta che queste erano state decise.
Non potendo creare un gioco che oggettivamente soddisfi tutti i giocatori, Nintendo ha scelto di produrne uno che cerchi di includerne il più possibile e resti contemporaneamente un manuale di game design, sacrificando parzialmente però l’aspetto più elitario ed extraludico della serie.
La mia speranza per il futuro quale è? La espongo subito e brevemente.
-Spero che Nintendo, consapevole di aver bissato il successo di BotW, non si dimostri così insicura da dover separare il proprio titolo nuovamente dal restante universo della saga.
-Spero che vengano riprese alcune meccaniche per quanto riguarda l’esplorazione, ma non sento il bisogno del lato prettamente “di assemblaggio” e dei mezzi Zonau in quanto tali (cioè, ad esempio, mi va bene un aliante per volare o una mount, ma non seguendo le meccaniche e le limitazioni introdotte in questo gioco).
-Spero poi che N si guardi attorno, perché sono fermamente convinto che se si unissero degli elementi di alcuni open world recenti, primo tra tutti Elden Ring, con alcuni presenti negli Zelda attuali, il risultato potrebbe essere sorprendentemente buono.
-Ma in generale, dopo questi due capitoli, spero che N proponga per i prossimi un’esperienza sensibilmente diversa, e intendo differente anche dalla struttura circolare che ho comunque apprezzato. Non necessariamente dovranno concentrarsi sui dungeon o sulle caratteristiche di gameplay presenti nei vecchi Zelda, anche se mi farebbe molto piacere. La cosa in cui spero di più è personalmente un adattamento dimensionale dell’aspetto artistico a quello più prettamente ludico, nonché una struttura non più circolare, ma stavolta “spigolosa”.
Per chiudere definitivamente, e collegandomi con l’ultimo tema, spero in più momenti simili all’ ultimo “dungeon”, ed al finale vero e proprio, pregni, questi sì, di tutta l’epicità, l’atmosfera, le tradizioni e il coinvolgimento emotivo che hanno da sempre contraddistinto la saga, e che proprio per questo risalta come la gemma più brillante della corona di Tears of the Kingdom.
Direi che ho detto più o meno ciò che volevo, ringrazio tantissimo chi avrà la pazienza di leggere o dedicare del tempo a quanto ho scritto, e vi auguro buona serata da me, e dal mio Link che trasuda stile:
Voto finale: 9+ (il più è merito unicamente del finale)
Il sensore si sblocca con una delle missioni secondarie che ti affida Rovely
Onestamente non so se tengano "memoria" del cibo dato. L'unica volta che ho provato ho dato un po' di carne (indicativamente un 4-5 porzioni) e poi il cane ha iniziato a fiutare qualcosa. Non so nemmeno se vi sia un cibo preferito da ghiottone gourmet
Io ho visto la soluzione.
Pensavo ai fulmini e a rompere le pietre ma era completamente altro.
Problema è che non avevo letto la pietra dopo il primo enigma