Le scelte processuali: il patteggiamento e le sue conseguenze
Tra i fattori che caratterizzano negativamente la posizione dell’immigrato
straniero alle prese con il processo penale, vi è anche l’esigenza del sistema
penale di autosgravarsi, ossia di ammettere possibili “scorciatoie processuali”
che solitamente mirano al riacquisto della libertà in termini brevi,
ma che
presuppongono, però, come contropartita la rinuncia al pieno esercizio delle
proprie facoltà di difesa (
Ibidem). Anche queste misure, dirette ad
avvantaggiare gli imputati e accorciare i processi, finiscono con lo sfavorire
gli stranieri con il rischio di mantenerli più a lungo in carcere. Sono
molteplici, infatti, i fattori che influiscono sul fatto che l’immigrato che si
trova in carcere dopo l’arresto o il fermo decida di patteggiare la pena.
È evidente infatti che le previsioni per l’immigrato detenuto sono tutte
estremamente negative.
Nel caso in cui decida di difendersi dalle accuse,
dovrà mettere in preventivo un periodo, verosimilmente, lungo di custodia
cautelare, una difesa non incentivata a combattere per guadagnare il
massimo risultato processualmente ottenibile per il proprio cliente,
l’incertezza più assoluta sulla richiesta di sospensione condizionale e sugli
esiti del processo in generale (
Ibidem).
Nel patteggiamento, invece, tutto è diverso e, tutto sommato, attraente. In
sede di prima udienza di convalida, gli viene offerta la possibilità di accettare
“l’applicazione della pena su richiesta delle parti” ex art. 444 c.p.p.
Tale
proposta viene formulata dal pubblico ministero e spesso “caldeggiata”
dall’avvocato difensore e dall’interprete, ognuno nell’ambito delle proprie
competenze. Il patteggiamento può essere particolarmente allettante perché
solitamente, accettandolo, si ritorna in libertà. Ciò non vale solo per gli
stranieri, ma anche per gli italiani interessati. La scelta del rito abbreviato,
apparentemente, conviene a tutti:
- all’imputato, che ritorna in libertà;
- al giudice, che dopo un solo atto può disporre l’archiviazione del
procedimento;
- all’avvocato, che essendo un difensore d’ufficio con poche possibilità di
essere pagato ha tutto l’interesse a liberarsi del caso per dedicarsi ad
altri magari più redditizi.
Nella realtà questa scelta molto spesso può andare a sfavore del solo
imputato, questo per diversi motivi:
- nel patteggiamento è il pubblico ministero a fare la proposta; la sua
qualificazione del reato non è discutibile ma va accettata come
condicio
sine qua non per beneficiare del patteggiamento. L’imputato, attratto dai
benefici del patteggiamento, si può trovare
quindi ad ammettere reati
che non ha commesso o commesso in modo meno grave. I
patteggiamenti da questo punto di vista falsano sicuramente le
statistiche giudiziarie in quanto tendono a sovradimensionare i reati e la
loro gravità;
-
il patteggiamento è una sentenza definitiva che ammette solo il ricorso
per Cassazione e passa in giudicato in tempi molto brevi il che potrebbe
avere effetti negativi immediati nei confronti dello straniero (ad es. la
revoca del permesso e l’espulsione)
il caso del patteggiamento con sospensione condizionale può trarre in
inganno. Infatti, nel caso di soggetti plurirecidivi, dopo la concessione
della condizionale per due volte e per pene non superiori ai due anni, a
fronte di una nuova condanna bisogna scontare per intero tutte le pene
precedentemente sospese. Ciò è grave soprattutto se consideriamo che
sono proprio gli stranieri coloro che più commettono reati lievi e a
cadere nella recidiva, magari per necessità (Pastore, 1995: 56).
Lo
straniero che accetta il patteggiamento, quindi, si trova spesso, per
evitare il carcere preventivo, a scontare tutte le pene cumulate;
- la sentenza di patteggiamento ha, inoltre, effetti assai deleteri
soprattutto se emessa contro un soggetto regolare (quindi titolare di un
permesso) che abbia accettato “a cuor leggero” il patteggiamento pur di
togliersi d’impiccio anche ammettendo responsabilità e reati non
commessi (
Ibidem).
In questi casi la firma del patteggiamento equivale a
firmare il proprio decreto di espulsione. Lo straniero che accetta il
patteggiamento, quindi, si trova spesso, per evitare il carcere preventivo,
ad essere espulso (Pastore, 1995: 57);
- attraverso il patteggiamento l’italiano assai frequentemente riesce ad
ottenere la concessione della misura alternativa. Lo straniero invece,
essendo privo dei requisiti per ottenere tale provvedimento, è destinato a
rimanere in carcere aumentando la sovrarappresentazione.