Mi tiro in mezzo perché detto sinceramente questo è uno dei periodi che più amo, di un videogioco: quella settimana in cui si tirano in mezzo le primissime impressioni a caldo che poi, volente o nolente, muteranno col passare dei mesi.
Con alcuni di voi ne ho parlato in privato e in altre sedi, quindi mi limiterò a riformulare quel che ho già detto.
Sto amando Rebirth, e sono abbastanza sicuro che da qui alla fine tornerò a parlarne come un piccolo capolavoro. Ma vabbè, ammetto di non essere mai particolarmente lucido con questa serie.
Però lasciatemi fare un primo e ultimo intervento in merito alla fastidiosissima faida Rebirth vs XVI
Questo Rebirth è un titolo molto paraculo.
Molto.
Sa di essere un grosso, GROSSO sandpark in cui il fan service ci sguazza dentro.
Un viaggio fatto ad hoc per farti vivere il party, per farti vivere avventure occasionali e stringere ancora di più i legami tra i ragazzi.
Un bel trip on the road, come vi dicevo qualche giorno fa, dove si cerca di replicare anche quel senso di viaggio che l’ormai defunto XV riuscì in pieno a cogliere.
Ma è paraculo.
Lo è perché come spesso mi piace dire, c’è una bulimia di meccaniche su meccaniche che danno corposità a dei contenuti che forse, sotto sotto, non sono così tanto distanti dal tanto amato e tanto discusso XVI.
Parto da questo presupposto: sono abbastanza sicuro che tutt’oggi la definizione di “fetch quest” venga del tutto confusa.
Qui non ci sono…fetch, così come non erano presenti nell’ultimo capitolo made in Square.
È il quest design, a far schifo. È quello a essere deficitario nel XVI (e anche qui oserei dire che perfino il tanto blasonato TW3 pecca nel quest design [per quanto la scrittura sia raccapricciante, da quanto ben fatta]) ed è qui che il Rebirth mostra il suo lato paraculo: vi propina meccaniche su meccaniche, QTE, cazzi e mazzi dandovi l’illusione di avere tra le mani qualcosa di più corposo.
Perché lo è, corposo, ma a volte ho come l’impressione che non vi rendiate conto di quanto in verità vi stia nutrendo dello stesso cibo di quel lontano (lol) giugno 2023.
Semplicemente c’è più struttura, ragazzi. Più…contesto, ma che siano noci o che siano fiori da prendere su una collina, il risultato è il medesimo.
Se il XVI spinge su una franchezza e schiettezza di game design, il Rebirth spinge sul voler vomitare addosso elementi che rendono il tutto più “concreto” e lento nel modo più artificiale possibile.
Idem il crafting, da quel che mi è stato detto, ma lì non voglio ancora mettere parola perché non ho ben sviscerato il tutto.
Un crafting che in fin dei conti è fine a sé stante.
Sono entrambi titoli che nel lungo termine avranno i loro pro e contro, però credo sia anche giusto mettere un freno all’esaltazione sfrenata, ridicolizzando l’uno o l’altro.
Hanno entrambi visioni diverse, ma vi assicuro che su certi aspetti sono più simili di quanto pensiate.
Poi vabbè, chiaro che lato contenuti secondari faccia il culo a strisce a chiunque, eh.
Ma…ricordate:
bulimia.
Detto questo andatevene a fancù, ci si vede a fine gioco amori miei.