UNIVERSITÀ
STOP MIGRAZIONE CERVELLI L’obiettivo è quello di mantenere in Italia i nostri migliori ricercatori, scienziati, e in generale personale universitario qualificato che purtroppo non trova nel nostro Paese spazi per poter crescere professionalmente ma soprattutto per mettere al servizio della nostra comunità il proprio genio ed è cosi costretto a portare tutto questo valore personale all’estero. La Germania investe in ricerca e sviluppo circa un terzo della spesa totale europea, cioè quasi il 3% del Pil, a fronte di una media europea poco sopra il 2%. L’Italia investe in ricerca e sviluppo solo l’1.2%. Le basse valutazioni ottenute dalle università italiane nei ranking internazionali non riguardano comunque la produzione scientifica, che in rapporto al numero dei ricercatori è superiore alla Germania, ma il numero dei ricercatori e dei professori così come una scarsa internazionalizzazione rispetto alla gran parte delle università dei Paesi più avanzati. Siamo in fondo alla classifica dei Paesi Ocse per numero di professori universitari e ricercatori in rapporto agli studenti. Abbiamo quindi bisogno di accrescere in modo significativo il numero dei ricercatori e dei professori, non solo consentendo che per ogni professore e ricercatore che va in pensione l’università recuperi integralmente ed effettivamente le risorse corrispondenti, ma anche aumentando decisamente la dotazione organica complessiva. In molte università, infatti, non si acquistano più nemmeno strumentazioni di laboratorio, libri e riviste scientifiche. Va poi rivista la figura del ricercatore a contratto che rischia di generare precarietà. A sette anni dalla riforma del 2010 è ora di aggiornare le parti che hanno evidenziato criticità, prevedendo in particolare una figura di ricercatore senza limiti di proroghe, soggetto a periodiche valutazioni.
TASSE UNIVERSITARIE Nell’ambito delle soluzioni allo studio per alleggerire il carico economico sugli iscritti, si può pensare per esempio da parte dell’ateneo a un contratto con lo studente, in cui questi si impegna a versare all’università una cifra concordata all’atto dell’iscrizione, laddove grazie al “job placement” universitario, entro un anno dalla laurea, lo studente abbia trovato un impiego lavorativo adeguato.
FINANZIAMENTO ATENEI Il Fondo di finanziamento ordinario degli atenei sta subendo una trasformazione storica, di cui siamo stati promotori, avviata con la riforma del 2010. Una volta a regime (contiamo entro la nuova legislatura) l’intero Fondo (circa 7 miliardi che, come detto, andranno implementati) sarà distribuito con criteri per il 70% oggettivi (costi standard) e per il 30% premiali, come nei Paesi più avanzati.
ACCESSO AI CORSI A NUMERO PROGRAMMATO Riformuleremo la procedura di accesso ai corsi universitari a numero programmato, che oggi avviene tramite test tutt’altro che affidabili. Riteniamo vada garantita una chance a tutti i candidati, scremandoli dopo un certo periodo (un anno?) in base a un adeguato numero di esami da superare. I migliori dovranno poter scegliere il corso di laurea d’interesse, fino all’esaurimento dei posti. In altre nazioni come la Francia è già così: la selezione per Medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale.