Ok, grazie. E sempre per capire: in caso di svalutazione della moneta nazionale non si dovrebbe tener conto anche della diminuzione del potere d'acquisto sulle merci estere per i lavoratori (poniamo) italiani?
Allora, la prima cosa da dire è che la svalutazione di monete libere di fluttuare avviene sulla base della domanda e dell'offerta e avviene rispetto alle singole monete, non contro tutte contemporaneamente -almeno in casi normali-. Esempio: gli Stati Uniti domandano beni italiani e, per comprarli, hanno bisogno di lire italiane (uso le vecchie valute per capirci meglio) perché i lavoratori che producono quelle merci sono pagati in lire. Più merci italiane domandano, più hanno bisogno di comprare lire che pagheranno in dollari, la domanda di lira pagata in dollari aumenta e così sale il suo prezzo, ossia il suo valore rispetto al dollaro.
Contemporaneamente, però, può accadere che, ad esempio, in Germania, nessuno voglia comprare merci italiane e, anzi, sono gli italiani a domandare merci tedesche e così la lira perde valore rispetto al Marco.
Sempre contemporaneamente, la domanda di beni italiani dalla Svizzera, sempre per esempio, resta stabile e così il valore delle lire rispetto al CHF resta sempre più o meno lo stesso.
Nell'esempio, la lira si è rivalutata rispetto al dollaro, svalutata rispetto al DM ed è testata stabile rispetto al chf.
Il tutto, ovviamente, si complica con l'intervento delle banche centrali che, per una serie di ragioni, siano esse economiche o politiche, possono intervenire, anche se limitatamente, per frenare la rivalutazione o la svalutazione della valuta nazionale comprando e vendendo titoli e valuta estera. È quello che ha fatto Ciampi nel '92, per capirci: anche se lì le cose erano ancora più complesse perché c'era di mezzo il sistema monetario europeo, il principio era sempre quello della lira che non doveva svalutarsi.
Qualcosa del genere è successo anche all'inizio della guerra in Ucraina, con l'entrata in vigore delle sanzioni: nessuno voleva più rubli russi quindi il valore del rublo rispetto a dollaro e euro (ma anche rispetto ad altre valute) è sceso. E il fenomeno sarebbe stato ancora più evidente se in Europa occidentale avessimo avuto ancora le vecchie valute perché il rublo sarebbe sceso rispetto a dollaro, marco, lira, franco francese, peseta, fiorino et cetera. Il rublo si è ripreso e stabilizzato solo quando è diventato necessario per pagare i prodotti energetici russi e, quindi, si è tornati a domandare quella moneta. Ora, stiamo parlando di una situazione che tutto è meno che ordinaria, però si vede che il principio base è sempre lo stesso.
Comunque, senza divagare, tornando all'esempio, è ovvio che, se gli italiani domandano tanti beni tedeschi senza che i tedeschi domandino quantità paragonabili di beni italiani, il valore del DM rispetto alla lira sale e così il potere di acquisto della lira rispetto alle merci tedesche diminuisce. In pratica, restando ad un esempio anni '80/90 e fingendo che le valute in parola, in quel periodo, fossero libere di fluttuare liberamente, le Golf e Polo diventano più costose per i lavoratori italiani che ne compreranno di meno. Questo, però, nonostante la percezione, non è un problema per i lavoratori italiani: quelli che non possono più acquistare una Golf o una Polo acquisteranno, ad esempio, la Uno, la Punto, una Peugeot. In pratica, troveranno un'alternativa. Chi non trova l'alternativa è la Volkswagen che, in modo speculare, venderà meno auto. E questo, ovviamente, vale per tutti i beni tedeschi, non solo per le auto.
In una situazione di libera fluttuazione delle valute la cosa sarebbe un problema limitato perché i valori delle monete si andrebbero a riequilibrare mentre in una situazione di cambi fissi, per definizione, lo squilibrio permane e, così, l'unico modo per fare scendere il prezzo di un bene tedesco è quello di ridurre il costo dei fattori produttivi, tipicamente materiali e lavoro. Siccome non si può agire sul costo dei materiali che è influenzato da fattori raramente sotto controllo di un singolo Stato, allora bisogna agire sul costo del lavoro, riducendolo.
È successo in Grecia, è successo in Italia ed è successo in Germania.
La domanda da un milione di dollari, ora, sarebbe: "visto che il cambio flessibile sembra meglio, perché abbiamo l'euro che, per definizione, è un cambio fisso?"
La risposta veloce è che il cambio fisso favorisce il capitale perché si elimina il rischio valuta e perché i lavoratori possono spostarsi più facilmente -questa, nonostante la percezione, è una cosa buona per il capitale e non per i lavoratori -.
Insomma, come vedi il tema è piuttosto complesso.