Finito di leggere Halo: Epitaph.
Credo sia la perfetta incarnazione di cosa sia stata la gestione dell'universo di Halo post-Bungie. Con il meglio, al livello narrativo, che è semplicemente stato relegato ai libri (o meglio, ad una parte di essi) mentre il peggio è quello che ci siamo sorbiti nei videogiochi.
Assurdo no? In realtà no, neanche troppo. Nel 2010, per ripartire, avevano coinvolto un autore come Greg Bear, che aveva tracciato un'affascinante strada con la Forerunner Saga, salvo poi rimangiarsi tutto con quel disastro di Guardians, capitanato da Topo Gigio. Il danno narrativo che ha fatto Halo 5 è irreparabile e da lì non si può tornare indietro, lo dicevo al tempo e di quello continuo ad essere convinto: scelte totalmente assurde che hanno per sempre pregiudicato cardini cruciali della saga. Sono andati poi da Kelly Gay per rendere le cose credibili - sempre e solo nei libri - e sono andati su binari che hanno sempre viaggiato in parallelo: falsi e disperati tentativi di retcon in Infinite da una parte e quello che c'era da dire e raccontare davvero presente esclusivamente nei libri, off-screen "come ci piace a noi".
La community - pesante, ipercritica, immotivatamente nostalgica e tossica - post-Halo 4 ha posto le pietre angolari alla base di questo disastro, ma questa è un'altra storia.
In ogni caso si è trattata di una lettura frustrante, dal sapore amaro, pagina dopo pagina perché ad ogni capitolo finisci col pensare a cosa diamine sarebbe potuta essere la Reclaimer Saga se semplicemente si fosse seguita la strada tracciata inizialmente senza cambiare idea in corsa. Un plauso all'autrice per la bravura nei rimandi a Cryptum, Primordium e Silentium, o ai raconti presenti nei terminali di Halo 4 e più in generale per la gestione impeccabile della figura del Didatta. Quello che sarebbe potuto essere l'antieroe perfetto per un decennio di capitoli main e che invece... mi taccio, che è meglio.
Che amarezza. L'ennesima.